Il momento cruciale della scherma italiana

Non (più) top ma nemmeno flop

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C’è qualche nesso tra la nottata di Italia-Svezia del novembre 2017 a San Siro che tenne fuori l’Italia dai Mondiali di calcio del 2018 e la mattinata d’agosto che ha visto eliminati subito i fiorettisti azzurri a Tokyo contro il Giappone, lasciando definitivamente la scherma senza ori olimpici per la prima volta negli ultimi 41 anni (da Mosca 1980)? Se c’è, quel nesso, è solo nella speranza che che una manciata d’anni dopo – Parigi 2024 – arrivi una serata come quella recente di Londra per gli uomini di Mancini a dissolvere la delusione appena provata in terra nipponica.

Ma tra il flop assoluto e il Tutto va ben, Madama la Marchesa ci sono cento sfumature di azzurro.

Le voci a caldo le stiamo sentendo in queste ore. Il presidente Paolo Azzi (alla sua “prima” olimpica dopo la lunga stagione di Giorgio Scarso): “Ci sono zone d’ombra ma guardiamo al futuro”. Il presidente del Coni Giovanni Malagò: “Ci vuole una profonda riflessione da parte della federazione”. L’ex olimpionica Elisa Di Francisca: “C’è un problema non solo nel fioretto femminile ma in tutta la scherma italiana e non sarà facile risolverlo”. Il ct del fioretto Andrea Cipressa: “Chi vince festeggia e chi perde impara”. Il capodelegazione Maurizio Randazzo: “Adesso finisce un ciclo e questo porta a fare valutazioni e mandare avanti i giovani”.

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