Anche Sinner è umano

E questo è solo un bene per la sua carriera

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Con un pizzico di premonizione, una buona dose di speranza e moltissima convinzione, avevamo rimandato i festeggiamenti per Jannick Sinner; lo avevamo fatto quando, in seguito al primo trionfo nel circuito ATP, eravamo convinti fosse solo il primo lampo di una carriera luminosa. Molto meno prevedibile, tuttavia, era che Sinner avesse la sua prima grande chance appena cinque mesi e cinque tornei dopo – nel frattempo, un’altra vittoria all’ATP 250 di Melbourne.

L’urlo strozzato in gola non ci deve ingannare. Non si tratta del solito caso di tennis italiano che illude ma non vince, motivo per cui non possiamo nemmeno farci sedurre da un risultato che – comunque – nessun azzurro aveva mai centrato sul cemento. L’eredità che ci lasciano i dieci giorni dell’Itaú Open è allora la conferma di avere tra le mani un tennista dalle potenzialità inesplorate. Le qualità, quelle innate, sono da predestinato: non si insegna la centralità mentale che mostra l’altoatesino, non si impara quella dote invidiabile di vincere ogniqualvolta sia possibile farlo.

 

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