I francesi, ribattezzati “mangiarane” da chi dista da loro 35 chilometri di mare, utilizzarono il nome di quell’anfibio perfettamente commestibile – quante trattorie sono intitolate a quell’abitante di stagni e canali – per uno strano tipo che li deliziò: Ray Ewry, la grenouille humaine (la rana umana). Il 16 luglio è una data importante: 121 anni fa, a Parigi, secondi Giochi dell’era decoubertiniana, Ray conquistò tre titoli nei salti da fermo, al tempo inseriti nel programma ufficiale: superò 1,65 in alto, 3,30 in lungo, 10,58 nel triplo. Era l’inizio di una collezione formidabile: otto medaglie d’oro, più le due conquistate ai Giochi Intermedi, o del Decennale, del 1906, ai quali, specie i paesi di lingua inglese, attribuiscono un’importanza pari a quella riservata alle scadenze più classiche. A quota 10 Ray sarebbe l’uomo solo al comando, davanti a Nurmi e a Lewis. In ogni caso, i suoi otto titoli olimpici individuali hanno tenuto per 100 anni e 23 giorni, sino a quando Mike Phelps, a Pechino, trovò le bracciate giuste per il nono.
Ewry il collezionista
Una leggenda dell'atletica all'alba delle Olimpiadi moderne
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