PALLAVOLO

L'Italvolley maschile sul tetto del mondo: un successo che deve fare scuola

Fefè De Giorgi, c.t. della Nazionale, ha fatto qualcosa di raro in Italia: puntare su un gruppo di giovani esordienti ed esaltare le loro qualità

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Unico. È la sola parola che può descrivere il trionfo dell'Italvolley maschile, la nostra Nazionale di pallavolo, che nella notte di Katowice dell'11 settembre 2022 ha riportato la Coppa del Mondo in Italia a 24 anni dall'ultima volta.

Una parola, "unico", che forse non basta. Perché nelle pause tra una celebrazione e l'altra, c'è il tempo di pensare a mente fredda a ciò che il gruppo di giovani scanzonati costruito da Fefè De Giorgi è stato in grado di fare. Un successo che, per tanti motivi, fa scuola nel nostro panorama sportivo.

Sia chiaro: vincere un Mondiale è già un’impresa di per sé. Ma diventa unico, appunto, se lo fai con un gruppo dall'età media di 24 anni, in cui su 14 atleti che partecipano alla spedizione sono addirittura 12 quelli che non hanno mai disputato una singola partita a un Mondiale. Cosa nuova, sconosciuta, così grande e infinita rispetto ai palcoscenici su cui hanno fin qui recitato.

È un successo unico se per ottenerlo rinunci a due totem della Nazionale italiana, Osmany Juantorena (a dire il vero, già da qualche anno lontano dall'Italvolley del c.t. De Giorgi), ma soprattutto ad Ivan Zaytsev, lo Zar d'Italia la cui esclusione ha fatto enorme scalpore. "Come rinunciare al carisma e all’esperienza di un veterano?", si chiedevano in molti.

È un successo unico perché si fa messaggio per tutte le discipline e per tutto il Paese: vincere, con i giovani, si può. Il talento, forse nascosto e da tirar fuori, c'è. Ci vuole fiducia. Ci vuole anche la persona giusta per farlo emergere quel talento. Quella persona è stata Ferdinando De Giorgi. Per gli amici del volley, Fefè. Ha compiuto la sua rivoluzione copernicana. L'Ancelotti della pallavolo, capace di vincere quattro Mondiali di cui tre da giocatore e uno da commissario tecnico. Proprio lui, che era in campo in quella sera del novembre 1998 che ha consegnato l'ultimo titolo Mondiale all'Italvolley maschile.

È la vittoria di Simone Giannelli, 26 anni, enfant prodige che ha ridisegnato il ruolo del palleggiatore. Poi Alessandro Michieletto, 21 anni, il nuovo che avanza, figlio d'arte e uno di quei talenti che nascono una volta ogni 50 anni.

È il riscatto di Yuri Romanò, 25 anni, esempio perfetto di tenacia. Una fotografia perfetta di chi, con il duro lavoro, è cresciuto di anno in anno andando oltre le più rosee aspettative. De Giorgi l'ha portato al Mondiale schierandolo titolare, cosa che nelle ultime stagioni in pochissimi hanno fatto. Romanò, infatti, era reduce da una stagione 2021/22 vissuta, di fatto, in panchina. Nelle quattro annate ancora precedenti, addirittura, non era altro che un normale giocatore di Serie A2.

È la consacrazione di Simone Anzani, 30 anni, il "veterano" (se si può così definire un classe 1992), leader carismatico del gruppo. Pochi giorni prima dell'inizio del Mondiale, Simone ha perso lo zio, il suo talismano, affetto carissimo che non si era mai perso una finale del nipote e che era pronto a prenotare il viaggio per Katowice. Quando è caduto l'ultimo pallone nella finalissima contro la Polonia, Simone ha alzato immediatamente le dita a indicare al cielo: quella medaglia, la più importante, era per lo zio che non c'era più.

E poi è il successo di Daniele Lavia, Roberto Russo, Giulio Pinali, Francesco Recine, Fabio Balaso, Riccardo Sbertoli, Mattia Bottolo, Gianluca Galassi, Leonardo Scanferla e Leandro Mosca. Tutti hanno partecipato alla festa, tutti hanno preso una fetta della torta. De Giorgi ha usato questa metafora per spronare il gruppo, per dire: "Gustiamoci ogni partita, ogni momento, come se fosse un dolce". E poi, la ciliegina nel momento più atteso, la finale a Katowice contro i padroni di casa della Polonia.

Ieri, nel 1998, c'era la generazione dei fenomeni con Giani, Papi, Gardini e proprio De Giorgi. Oggi, nel 2022, c'è quella dei piccoli fenomeni, con Michieletto, Lavia, Romanò e Giannelli. Un cambio generazionale che non solo ha tracciato una nuova strada nella storia dell'Italvolley maschile, ma che deve essere da esempio per tutto il Paese.

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