Emozione, stupore, tecnica: nel gol del portiere c’è tutto questo
Domenica 23 febbraio 1992. È la data limite, quella che chiude un’era per aprirne un’altra. Si scrive una nuova pagina della storia del pallone che da lì in poi si arricchisce di nuove eroi. È il settimo giorno, quello da santificare, come impone il comandamento numero cinque dei dieci scolpiti nelle Tavole della Legge. Niente scuola, né lavoro. La mattina alla messa, il pomeriggio allo stadio, quindi la corsa per vedere Novantesimo Minuto con i gol di tutte le partite della domenica pomeriggio (liturgia che durerà giusto un’altra stagione per poi spezzettarsi per sempre).
Il campionato di Serie A, quel 23 febbraio 1992, è giunto alla ventiduesima giornata. Comanda il Milan, che alla fine vincerà lo scudetto. A Bergamo si gioca Atalanta-Cremonese. I nerazzurri sono a metà classifica, i grigiorossi penultimi (e retrocederanno). Ma qui ci interessa quel che accade al 90’ (più o meno), con i padroni di casa in vantaggio per 1-0. Punizione per gli ospiti, una specie di angolo corto, sul lato destro dell’area di rigore dell’Atalanta. C’è il mancino fatato di Alviero Chiorri sul punto di battuta. L’arbitro è Chiesa di Milano. La tensione sale, è forse l’ultima occasione per acciuffare il pari. C’è concitazione e affollamento davanti la porta di Ferron. Ed ecco entrare in scena il protagonista (ma ancora nessuno lo sa).