Anelka è stato davvero un incompreso?

L'attaccante francese tra genio e sregolatezza

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“Va te faire enculer, sale fils de pute”. Scritto per intero, reso meno volgare dai puntini di sospensione, ma il significato non cambia: “Vaf*******, sporco figlio di put****”. Raramente una copertina di un quotidiano ha provocato tanto sconquasso all’interno di una squadra, di una società, di un Paese intero come quella dell’Equipe il 19 giugno del 2010, una prima pagina che ha fatto storia come tante altre del giornale francese. Anche se in seguito qualcuno avrebbe tentato di smussare i toni, questo va detto: per “Le Parisien” la frase sarebbe stata “Vai a fare in c*** tu e la tua squadra”.

Comunque un messaggio di disprezzo assoluto, spedito da un calciatore al suo allenatore, che tanto aveva puntato su di lui. Raymond Domenech (che nella sua auto-biografia “Tout seul” del 2012 conferma all’incirca la versione” di “Le Parisien”), infatti, voleva vincerla quella scommessa, rendere di nuovo importante Nicolas Anelka, almeno per la Nazionale francese: e invece si sarebbe trovato travolto dagli eventi, umiliato in mondovisione, ridotto a leggio, nel caso più eclatante di sempre di squadra che si ammutina davanti al suo allenatore. Una squadra schierata compatta contro la decisione di rimandare Anelka a casa dopo quelle parole pronunciate durante l’intervallo della partita persa contro il Messico, che aveva sancito l’eliminazione dei Bleus dal Mondiale sudafricano.

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