La fine del Milan di Gattuso, ora tocca a Leonardo

Svanita la Coppa Italia, rimane un (improbabile) quarto posto da difendere. Ma serve una spalla tecnica al dg brasiliano

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Poi magari arriverà questo quarto posto, questa qualificazione alla Champions League, per carità. Assai improbabile, non impossibile. Ma quello che è sicuro oggi, è che il Milan ha fallito un obiettivo importante, raggiungibile, quale la Coppa Italia. E che il modo in cui lo ha fatto sancisce da subito, qualsiasi cosa succeda in questo ultimo mese, la fine del Milan di Rino Gattuso. L'oscena partita con la Lazio è il sigillo del naufragio di una barca rimasta di colpo senza timone, alla deriva tecnica, tattica, caratteriale.

Nessuno di noi è mai rimasto abbagliato - anzi - dal Metodo Ringhio, ma fino a poco tempo fa la critica ha sottolineato costantemente lo spirito di squadra del Milan, la sua compattezza, la volontà di centrare il bersaglio anche senza disporre di piedi eccelsi e di idee geniali. Una squadra - lo si scrisse anche qui - con impressa sopra la faccia del suo allenatore. Un allenatore che ora pare crollato di schianto: e il Milan, infatti, ha immediatamente perso la faccia. Gattuso che non ha retto alla pressione, che non è riuscito a tenere lontano il suo lavoro e il gruppo da una tensione interna sfumata finché si vuole, ma ormai insopprimibile.

L'azzardo tattico compiuto in una partita così delicata e quella cena con Jorge Mendes nell'abbrivio alla settimana decisiva di un'intera stagione dicono molto, se non tutto, dello stato d'animo del mister, di una situazione che anche la società non ha evidentemente saputo gestire nei tempi e nei modi giusti sapendo di avere a che fare con una squadra dalla personalità molto debole, e dunque assai dipendente in questo senso dal proprio tecnico.

E nel momento in cui finisce, amaramente, il Milan di Gattuso, comincia il Milan di Leonardo. La complicata, quasi forzata convivenza tra i due può avere termine, e tocca al dirigente brasiliano, ora, assumere la guida, la responsabilità piena della creazione del suo primo, vero progetto tecnico. L'estate scorsa salì in corsa su un'auto impazzita, quest'anno avrà a che fare con i paletti dell'Uefa, ma ha avuto e ha tutto il tempo che vuole per impostare il lavoro. Innanzitutto, la fondamentale scelta del nuovo allenatore; quindi, l'organico, bisognoso di potenti iniezioni sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.

Infine, le cessioni, capitolo quanto mai delicato data l'assoluta necessità di realizzare plusvalenze, di mantenere in assoluto equilibrio un bilancio sanguinante. Un programma pesante, complesso per non dire proibitivo, stavolta non ci sono alle spalle gli emiri del Paris Saint Germain. I top di gamma della panchina o del campo non passeranno da queste parti. Leo ha dimostrato più volte la sua efficacia sul mercato brasiliano, ma è lecito nutrire un dubbio di fondo sulle sue possibilità di intercettare prospetti abbordabili.

Sarebbe importante per Leonardo disporre di una spalla tecnica importante, di un collaboratore competente e pratico dell'ambiente del mercato. Un vero direttore sportivo, insomma: ma il Milan di fatto non dispone di questa figura dai tempi di Ariedo Braida (Maiorino e Mirabelli sono stati due capi-scouting adattati, e si è visto) e anche questo dato fa riflettere sulla successione dei fallimenti rossoneri dal 2012 in poi, e sulla reale possibilità di invertire la rotta. Nel frattempo, Gattuso si va ad aggiungere a questa serie nera, a questo tunnel ormai infinito. Ed è il flop che al milanista vero fa più male, perché seduto lì c'è uno di noi, uno con cui tornare a vincere, a essere un vero Milan sarebbe valso doppio, triplo. Ci abbiamo sperato così tanto. Come non detto, Rino.