OGGI CON MOMBLANO

Cuore tifoso Juventus: non l'ha vinta, non l'ha persa, ma l'ha giocata

Sarri ha spaventato Simeone nella sua gabbia: l'atteggiamento della squadra promette bene

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Due begli ambientini per la Juventus delle prime panchine reali di Maurizio Sarri. E se a Firenze una Juve a secco prende il disprezzato punto, a Madrid sponda Atletico la stessa Juve fa il pieno e azzera una serie di storie e sensazioni. Prima di tutto le sconfitte e l'incapacità concreta di spaventare Simeone a casa sua, poi le paure di non essere totalmente all'altezza dello stress tecnico a cui ti sottopongono i colchoneros che questa volta corrispondevano anche alle prime sfide di un pensiero calcistico laterale che dentro determinati contesti - se non ancora rodato - rischia di uscire a pezzi. Il punticino, ma chiamatelo pure punto strategico, andava firmato alla vigilia solo e soltanto se lo si immaginava con i presupposti visti soprattutto nel secondo tempo confezionato dai bianconeri al Wanda: piglio, palla che viaggia veloce e bassa sia negli strappi (che Cuadrado nelle trasferte europee è tra i pochissimi a saper offrire con costanza a determinati livelli) che nelle cosiddetti azioni in linea, azioni veloci a massimo due tocchi votati prevalentemente alla conquista di metri e spazi. E poi, nota che al cospetto della nuova rimonta patita pare davvero paradossale, quel modo di chiudere in avanti con gli occhi proiettati sulla metà campo altrui a prescindere dalle avversità e dai contraccolpi psicologici.

Eppure è vero, se sei 3-0 in casa o 2-0 in trasferta la dimensione dell'obiettivo può giustificare strumenti alternativi al teorema filosofico dei principi di gioco. Un allenatore nuovo, però, non può transigere soltanto perché il gioco si fa apparentemente duro. Il compromesso non è subito, se non magari negli uomini (ma vedendo a turno questi Khedira, questi Matuidi e questi Higuain viene anche il dubbio che possa non essere esattamente così). Il compromesso è più avanti, quando ci si sarà digeriti a vicenda. L'educazione calcistica di una squadra nasce da lontano. Le palle ferme restano un danno collaterale, un dato secondario,, per lo meno in questa primissima fase. E magari è vero che Sarri è stato castigato anche dall'integralismo nel difendere a zona pura sui corner (Gimenez le prende sempre tutte, davanti e dietro, in tutte le partite? Usa la stessa pozione che usava Godin? Quante ore alla settimana dedica Simeone a questo fondamentale basico e rudimentale del calcio?), ma è altrettanto vero che è stato premiato dall'indice di pericolosità crescente prodotto da una Juventus che troppo spesso in questo genere di partite perdeva per strada il bandolo della matassa.

Nei premi c'è la fiducia inconscia in ciò che la squadra sente di poter fare e di dover imparare. Sarri ha spaventato Simeone proprio nella gabbia del leone. Eloquente Cristiano Ronaldo quando confeziona il gelo al Wanda con la palla del 2-3 di poco a lato. È un gesto che promette qualcosa di buono se è vero che la parola più abusata dal fuoco amico sotto la gestione Allegri è stata "atteggiamento". Soprattutto perché la Juve vista in casa dell'Atletico è una Juve che non ha mostrato alcuna paura di perdere. E infatti non l'ha persa. E incredibilmente non l'ha vinta. E magari è anche arrabbiata. Ma l'ha giocata, tanto per incominciare...

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