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Cuore tifoso, ecco cosa lo juventino non vuole sentirsi dire

L'incubo di perdere lo scudetto contro Conte e Marotta, la Champions e le finali perse, l'infortunio di Chiellini: quanti argomenti tabù

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Gli juventini, nonostante l’omologazione al successo, non sono diventati tutti uguali. Eppure hanno tasti sensibili comuni, che non è la paura di non vincere anche se ogni anno hanno un motivo per farlo anche e ancora in Italia. E nell’anno dopo che riconquistare la Serie A con Cristiano Ronaldo è stato troppo poco (questo un po’ lo pensa anche chi non lo dice), giocarsi il possibile nono consecutivo contro Antonio Conte - e quindi Beppe Marotta, e quindi l’Inter - diventa fastidioso e chissà se infine godurioso. Insomma, lo scenario di perderlo alimentando l’onnipotenza di chi ha iniziato tutto questo non lo si può contemplare, non lo si può concedere.

Perdere nel 2020 contro gli amici di sempre che sono diventati i nemici di sempre è oggi la prima cosa che lo juventino non vuole sentirsi dire. Quanto sopra è il vero elemento nuovo della seconda vera stagione dove volente o nolente la Champions League è un obiettivo dichiarato. La Juventus è uscita allo scoperto nell’estate 2018 a Villar Perosa nel nome e nelle parole del presidente Agnelli. Ma giustamente lo juventino non vuol sentirsi dire di essere il favorito per la vittoria finale. Perché è sinceramente l’assurda tesi propinata di questi tempi un anno fa. E, se non altro, anche perché questo assurdo status è stato fondamentalmente creato dalla retorica delle rivali nostrane, dai milanisti delle sette Champions e dai tripletisti sempre più costretti a questo ancoraggio spirituale.

Non vuole sentirsi dire delle finali perse, non vuol sentire i nomi di quei luoghi, non vuole neppure sentirsi dire che ormai certi gironi sono superati prima ancora di giocarli. E poi c’è altro, tutti sensibili, perché neanche il più grande monopolio della storia del calcio europeo rende macchine le persone. Sensibili addirittura - o quasi più soltanto - alle verità: a mercato concluso (e con sei punti in due giornate giocando per 100 dei 180 minuti a disposizione) lo juventino non vuol sentirsi dire che Chiellini ne ha per sei mesi perché dentro di sé vuol credere che magari a febbraio possa succedere qualcosa o magari a marzo, il mese in cui misteriosamente tutto succede; non vuole sentirsi dire che Khedira e Matuidi sono campioni del mondo anche nella competitività e di come si sta in una squadra; che non puoi avere Cristiano Ronaldo e pensare che l’assenza di un vero vice Alex Sandro possa compromettere un’architettura da oltre duecento milioni di monte ingaggi. Perché questa è oggi la Juventus. Un mondo in cui valgono due cose: sentirsi fieri di esserci e sentirsi fieri comunque vada. Che Sarri se ne possa prendere cura a dovere...

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