Conte e il senso di appartenenza

L'Inter sonda il futuro ma non guarda al suo passato

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Conte e il senso di appartenenza
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Mancano ancora sette giornate alla fine del campionato e il tormentone sul prossimo allenatore dell'Inter si aggiorna, virando decisamente sul nome di Conte. Tralasciando gli eventuali pro e contro che la trattativa per un suo arrivo potrebbe portare, compreso e soprattutto il costo di un esonero di Spalletti a fine stagione e quello del contratto piuttosto alto di Conte, ci sono interisti che non apprezzano la provenienza del tecnico, legata al mondo bianconero, così come hanno disapprovato l'arrivo di Marotta per il medesimo motivo, al punto da credere davvero che potesse essere un cavallo di Troia per distruggere i piani di riscossa nerazzurra. A prescindere dagli eccessi è un sentimento illogico e irrazionale che paradossalmente nel calcio merita rispetto, proprio perché il senso di appartenenza, i simboli, le radici che hanno portato ad esempio la stessa Juventus e il Milan a inserire dirigenti dal grande passato con la loro maglia, l'Inter li ha invece trascurati.

Ad occupare una poltrona con una presenza fin troppo discreta c'è il solo Javier Zanetti, il resto è azienda che, per carità, nel calcio moderno ha un fondamento ma non al punto da rinunciare quasi completamente ad una società priva di quell'identità storica e una connotazione distinguibile.
Se davvero dovesse arrivare Conte si tratterebbe di un arrivo importante ma sarebbe anche ora di interrompere l'affidamento agli uomini del destino, perché Conte è bravo ma abbiamo scoperto anche i suoi limiti, Marotta è capace ma non è riuscito da solo ad arginare lo tsunami della vicenda Icardi, le sortite di Perisic e le invettive trasversali di Spalletti. Ci vuole una struttura organizzata come un'orchestra, mentre la storia recente dell'Inter è fatta di solisti che per vincere hanno dovuto creare uno Stato nello Stato, come Mourinho e Mancini.

L'Inter, dopo essere stata la “Settlement agreement fc”, dovrebbe avviarsi ad un livello più alto, grazie ad investimenti che, si spera, contemplino almeno un campione, uno in grado di trascinare una squadra che da troppi anni vive di inerzia e umoralità.  Post scriptum: non so se sia così scontato che nel posticipo serale Icardi venga preferito a Lautaro Martinez, il quale ha dimostrato di poter essere un attaccante completo e in crescita, sul quale il tecnico, colpevolmente, aveva puntato poco fino a febbraio. La vicenda Icardi lo ha rilanciato ma ora che l'ex capitano è tornato in squadra la scelta del titolare non è così scontata.  La sensazione è che Spalletti possa fare una scelta sorprendente, a costo di rischiare la riapertura del caso e ricreare lo stato di tensione.