Vince il profitto, perde Primavalle

Stefano Capitelli ci racconta come muore il calcio

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Chiedere di raccontare di una fine non è mai una richiesta neutra. In chi dovrà raccontare si riapriranno delle ferite, si ripenserà a dei dispiaceri, alle occasioni perse, a quelle che non si sono create e che avrebbero potuto cambiare il corso degli eventi. Stefano Capitelli, dirigente della Società Primavalle Calcio 1951, ha deciso di parlare e di raccontare tutto, del perché si è trovato a chiudere i cancelli di una società che resisteva da quasi settant’anni e di come questo atto finale non sia che la manifestazione ultima di un processo iniziato dai primi anni duemila.

È quindi responsabilità dei tempi? È l’incapacità di adattarsi? Si adottava una filosofia anacronistica? Quello che è certo è che il Primavalle non voleva omologarsi ai campi in erba sintetica, alle rette esorbitanti ed esclusive, non voleva chiedere ai bambini le prestazioni, e soprattutto rifuggiva dalla pratica di illudere ragazzi – che avrebbero dovuto pensare solamente a giocare – assicurando loro che un giorno sarebbero arrivati all’As Roma.

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