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Un popolo di santi, poeti e giocatori

Le carte, eterna passione arcitaliana

04 Set 2020 - 08:25

La bici procede cigolando sulla strada di terra battuta, mentre il suo metallico lamentarsi è subissato dal frinire delle cicale. In fondo alla pineta, verde galleria di pini marittimi, un puntino cobalto si allarga ad ogni pedalata. È il primo pomeriggio, il momento migliore per godersi il russare del mare. Nessun marmocchio in giro, né simposio di pettegolezzi da bagnasciuga o tentazione di giunoniche forme: soltanto ombra per nascondersi dal Sol Leone, il blu di fronte ed un libro tra le mani. Ad ogni riga, le palpebre si appesantiscono ed il richiamo di Orfeo diviene più insistente.

Boia di un mondo ladro! Un tavolino trema e le tazzine da caffè sobbalzano, mentre l’improperio si propaga nel silenzio della spiaggia semi-deserta, seguito da irripetibili maledizioni rivolte allo sciagurato socio. Nell’ombra della veranda del lido, un asso è stato sperperato malamente e la partita è persa: impossibile mantenere la serenità nella sconfitta alle carte. Dai baretti inghiottiti dalla nebbia nella Bassa Padana alle piazze dei paesini del Meridione, dove i muri sono bianchi ed i vestiti delle comare neri, i giochi con le carte sono assoluti protagonisti e la loro tradizione viene onorata da almeno seicento anni!

La loro comparsa affonda le radici nella leggenda, ma secondo le fonti storiche il primo mazzo nella Penisola è databile alla seconda metà del 1300. Probabilmente derivate dalla carta moneta cinese, facendo correre la fantasia potremmo ipotizzare che siano un fortunato lascito della spedizione di Marco Polo. In realtà, per quanto ne “Il Milione” la minuziosa descrizione delle valute circolanti nel Catai diano credito a romantiche ricostruzioni, più verosimilmente le carte hanno seguito le rotte mercantili verso Occidente attraverso la Persia, e sono sbarcate sui moli nostrani su navi che trafficavano con i Mamelucchi egiziani.

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