Stefan Edberg era estetica allo stato puro

Compie oggi 55 anni un artista del tennis

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30-40: palla break. Prima di battuta out; seconda debole, ma buona. In risposta uno splendido rovescio lungolinea che finisce però a lato di un niente: 40-40. Ancora parte lo scambio, altro rovescio e sempre in lungolinea, anch’esso largo di poco. Nessun break, 4-4, la partita continua come se niente fosse. In questi due colpi – e nei due punti mandati in fumo – è racchiusa l’essenza di Stefan Edberg, l’esteta della racchetta. Non un lottatore, non un calcolatore: semplicemente un amante del gioco e nulla più. Un istintivo introverso, un genio in giacca e cravatta.

Non urla, non sbraita, non dice parolacce: si limita a creare di tanto in tanto e a osservare maliziosamente la folla, nell’attesa di un sopracciglio alzato. Il break annullato è opera di Ivan Lendl, il gigante ceco in tenuta Adidas candida come la neve. Lui se ne frega dell’estetica, guarda alla sostanza. Il piatto deve nutrire, non sublimare lo sguardo. Ciò che conta è salvare il punto e tenere la battuta; poco importa il modo. Una rivalità anomala la loro, iniziata in quel dicembre del 1985, durante la semifinale degli Australian Open.

Non capita tutti i giorni di vedere al duello Lancillotto e Cesare Borgia. Edberg è così pulito, così naïf, che pare uscito appunto da una delle tante storie del ciclo bretone. Lendl invece ti mette il Guttalax nel Gatorade. Uno gioca a tennis, l’altro lancia una pallina gialla oltre la rete, pregando che l’altro si dimentichi di restituire il favore.

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