Siamo periferia d'Europa

Mai così impotente e lontana del centro

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Ci spiace ripeterci per l’ennesima volta. Ribadire sempre e ancora i soliti concetti, quelli per cui appena si alza il livello in Europa ci sciogliamo come fiocchi di neve ai primi soli – non serve neanche che arrivi la primavera. E tutte le annose chiacchiere sugli stili di gioco lasciano spazio, inesorabilmente, a un sorriso amaro e disilluso di fronte all’abisso tecnico, caratteriale e di abitudine che ci separa dalle grandi europee. Lo abbiamo visto nella partita decisiva per il Milan, tra le squadre migliori squadre del nostro povero campionato: partita decisiva per i rossoneri e totalmente ininfluente per gli avversari, che non a caso si sono presentati con seconde e terze linee + Salah e Mané.

Il Milan, dicevamo, non poteva sperare in condizioni migliori: per carità le assenze ma i Reds a dir poco rimaneggiati, lo stadio pieno e tutta la carica di una squadra che aveva solo da guadagnare; di più, il vantaggio alla mezz’ora. Ebbene, tutto ciò non è bastato neanche lontanamente per impensierire un Liverpool in trasferta di piacere, talmente più forte in potenza (e in consapevolezza) da esserlo anche in atto. Si potrebbe sprecare inchiostro e analizzare aspetti specifici, tattici, tecnici, ma a che pro? L’evidenza, quella che resiste ferma malgrado l’oscillare delle interpretazioni, ieri si è manifestata in tutta la sua innocenza.

Così l’Inter, a cui non si poteva chiedere molto avendo già strappato il pass per gli ottavi e dovendo affrontare al Bernabeu un Real Madrid in ritrovata e grande forma; eppure, anche qui, ciò che impressiona è l’irreversibilità e la leggerezza della sconfitta. Un buon primo tempo, in cui i ragazzi di Simone Inzaghi hanno anche “fatto” la partita, ma poi un Real che vince da Real e un risultato che scorre via così naturalmente come fosse un copione già scritto: i nerazzurri perdono testa e partita, 1 handicap, ma davvero nessuno se la sentirebbe di rimproverarli, anzi.

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