Luigi Samele, l'argento contro tutti i pronostici

Lo schermidore foggiano ha vissuto il punto più luminoso della sua carriera

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Non c’era uno che scommettesse uno yen su di lui, fino a due giorni fa. Eppure Luigi Samele si è arreso soltanto all’ultimo passo di una gara che, alla vigilia del 34° compleanno e alla seconda Olimpiade, è il punto più luminoso della sua carriera. In finale Gigi da Foggia ha perso contro il Michael Phelps della sciabola, Aron Szilagyi, l’uomo di Budapest che da ieri è l’unico schermidore nella storia che abbia vinto per tre volte di fila la stessa gara (c’era riuscita solo una donna fin qui: Valentina Vezzali) e che, trentunenne, sarà in tempo anche per sognare il poker a Parigi.

Campione d’Italia in carica (per la terza volta), Samele, ma decisamente meno quotato di Luca Curatoli, numero tre del ranking mondiale. O perfino di Enrico Berrè che lui ha battuto nel derby doppio dei quarti di finale (i due sono anche compagni nelle Fiamme Gialle). Alla vigilia dei Giochi, sembrava che il curriculum pregresso lo condannasse inevitabilmente di nuovo a una vita da comprimario. Un bronzo olimpico. A squadre. Quattro medaglie mondiali. A squadre. Sette medaglie europee (due d’oro). A squadre.

Uno di quegli atleti che danno il meglio in gruppo e, quindi, passano quasi inosservati in uno sport che si misura soprattutto nei suoi risultati individuali. A Londra, nel 2012, era stato la riserva, pur fondamentale nella finalina per il bronzo contro la Russia, di una formazione che adesso, dei quattro di allora, vede lui unico superstite, insieme ad Aldo Montano paradossalmente diventato adesso la sua riserva. E la squadra chiederà proprio a lui di trascinarla almeno sul podio, con l’adrenalina ancora in circolo per essersi messo al collo quell’argento.

Il mancino partito quasi per caso dal Club Scherma Foggia è uno sciabolatore atipico, misurato, riflessivo. Nessuna posa, nessuna esagerazione. Unico vero vezzo l’orecchino al lobo sinistro. Nessuna ostentazione neppure dell’amore con Olga Kharlan, la collega ucraina che dopo due bronzi individuali e un oro e un argento a squadre – e dopo aver regalato la sua figura a un modello di Barbie – cerca a Tokyo la consacrazione definitiva e partirà domani, lei sì, coi favori del pronostico.

L’hanno raccontata bene le immagini di Tokyo, la maturità di Luigi. Gli sguardi concentrati. Intensi. Profondi eppure timidi. A volte persino commossi. Come di chi non vuole perdersi un istante del bello che sta vivendo agli sgoccioli della carriera (anche se non ha mai escluso di esserci ancora, lì, tra tre anni).

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