Laurel Hubbard, la prima trans alle Olimpiadi

Una competizione sleale, ma secondo le regole.

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Innanzitutto il fatto. L’atleta neozelandese Laurel Hubbard parteciperà alle Olimpiadi di Tokyo – pandemia permettendo – segnando così due primati: l’età, 43 anni, che per la sua specialità (sollevamento pesi) risulta appunto un fatto straordinario. Ma poi, non da meno, Laurel era fino a sette anni fa Gavin, nato col fiocco azzurro nel 1978. Il lettore più sagace avrà già inteso che non del primo ma del secondo evento vogliamo qui parlare, subito con un paio di note. Uno, la premessa che in questa accettazione non c’è alcuna irregolarità. Hubbard infatti ha un livello di testosterone inferiore ai valori che il CIO ha stabilito per quegli atleti diventati atlete per via tecnica. Punto e a capo.

Due, il vaticinio che, archiviati gli Europei di calcio più “politicizzati” che si ricordino, sarà adesso il turno delle Olimpiadi maggiormente (chiediamo scusa per l’anglicismo) “politically correct” che mai.

Il preludio di questo, a dire il vero, c’era già stato tempo fa, quando una combriccola di volenterosi miglioratori del mondo sotto le insegne dello Geospatial Information Authority aveva proposto di – perdonali, spirito di Giuseppe Tucci – sostituire le svastiche assai presenti sulle mappe della capitale nipponica, laddove rappresentano la pagoda, con qualcosa di altro. Faccenda equivalente a immaginare un gruppo di neofemministe slave che chiedesse a noi italiani di cambiare i cartelli stradali perché “curva” nelle lingue loro vuol dire “prostituta”. Da uscire pazzi, converrete, ed evidentemente i giapponesi hanno fatto marameo: lo “swastika”, termine sanscrito maschile e simbolo millenario e nobile, resta dove è giusto che stia.

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