Juan Martìn Del Potro, eroe del popolo

Un gigante dal cuore d'oro

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Non esiste tennista che, almeno una volta nella propria carriera, non abbia sentito riecheggiare una determinata frase: la forza di un giocatore non la si vede nei momenti positivi bensì in quelli negativi; situazioni in cui, come direbbe il poeta americano Frost, si fa fatica ad intravedere la luce in fondo al tunnel. Juan Martìn Del Potro, di fasi del genere, ne ha vissute tante, troppe. La sua carriera è stata forse la più grande ingiustizia tennistica degli ultimi decenni, perennemente in bilico tra sale operatorie e ritorni, in quella che sembra più la trama di un film di Woody Allen che altro. Anche perché Delpo forse era l’unico, come carattere e come talento, che in questi anni avrebbe potuto giocarsela con i mostri sacri (Federer, Nadal, Djokovic, per breve tempo Murray), dominatori incontrastati del nuovo millennio.

“Ho perso il rispetto, la paura che avevo per Roger. Lo ammiro molto ma dopo il terzo set ho pensato: ‘Siamo uguali’. Stiamo combattendo per lo stesso trofeo. Stavo giocando un set davvero bello, era forse la mia unica possibilità di vincere quel titolo”.

Juan Martìn Del Potro dopo la finale degli US Open del 2009

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