Fulvio Bernardini, una vita per il pallone

Giocatore, allenatore, giornalista, dirigente. Dottore del calcio italiano

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Pochi possono vantare di aver contribuito allo sviluppo del calcio italiano, dentro e fuori dal campo, tanto quanto Fulvio Bernardini. Calciatore, allenatore, giornalista e dirigente: definito “garibaldino” per lo spirito e la capacità di riunire l’Italia da Sud a Nord all’insegna del bel gioco, così come Dottore per la determinazione nell’insegnare calcio, la sua carriera rappresenta un autentico orientamento esistenziale per chiunque ami questo sport.

Venuto al mondo nella capitale il 28 gennaio 1905, ma registrato all’anagrafe soltanto tre giorni dopo, è battezzato come numero 1 dell’Esquilino, squadra dell’omonimo quartiere. Passato poi all’Alberata di Villa Borghese, si mette in luce nell’Exquilia, formazione parrocchiale del natio Rione Monti. A quattordici anni deve lasciare l’antica Suburra per accasarsi alla Società Podistica Lazio, fondata quasi vent’anni prima, dove si afferma velocemente. L’esordio con la prima squadra avviene sul campo casalingo dello Stadio della Rondinella, proprio contro il fratello maggiore Vittorio, che veste la maglia dell’Exquilia.

Qualche partita, dopo ecco la svolta: durante una sfida contro la Fortitudo, una delle tre progenitrici della futura ASR, viene travolto e perde i sensi. Dopo essere stato rianimato da un salvifico bicchiere di cognac, decide di abbandonare la maglia gialla da portiere; per accontentare le apprensive sorelle, ma soprattutto per sfogare l’indole di essere al centro dell’azione. Così, nella stagione ’22/23, lo vediamo giostrare tra l’attacco e la mediana. La nuova posizione di centromediano porta copiosi frutti al gioco della Lazio, che vince il girone meridionale di Prima Categoria e si arrende soltanto al Genoa, nella finale nazionale.

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