Daijiro Kato e l'anima del Giappone

Lo spirito del Sol Levante racchiuso nel corpo del suo più grande pilota

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Il Giappone è un Paese colmo di contraddizioni e di difficile interpretazione e definizione, in cui anche il nome proprio di un individuo racchiude significati diversi a seconda dei kanji da cui è composto. Persino lo Yamato-damashii, concetto spirituale cardine del Sol Levante, non possiede un significato univoco ma viene definito talvolta come anima, talvolta come cuore dei Giapponesi. Il secondo dopoguerra ne rappresenta un chiaro esempio: da un lato il nazionalismo giapponese, lascito dello shogunato Tokugawa, dall’altro il completamento del processo di modernizzazione e occidentalizzazione iniziato durante l’era Meiji. In questo periodo e in questo contesto – inizialmente come costola delle industrie pesanti – prende forma il comparto delle due ruote, che comprende Honda, Suzuki, Yamaha e Kawasaki.

Parallelamente ad esso nascono i bosozoku, bande di motociclisti formate prevalentemente da ex soldati alienati dalla guerra e catapultati ai margini del nuovo Giappone plasmato dagli Stati Uniti.

Da essi assorbono la cultura dei greaser, ribelli belli e dannati alla James Dean e, sulla loro scia, vengono etichettati come teppisti di strada dalla classe media incapace di captarne il bisogno di evadere. Con il passare degli anni le bande di bosozoku iniziano ad avere un’identità e uno stile ben delineati e riconoscibili, diventando al contempo sempre più diffuse grazie al seppuku della città di Tokyo, ricostruita in verticale per far fronte ad una crescita demografica senza precedenti. Tale sacrificio ha permesso al Giappone di fregiarsi del titolo di potenza mondiale, accrescendo al contempo le periferie e il disagio dei loro abitanti.

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