Adriano alla fine dell'Impero

Un fenomeno vittima dei propri demoni

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Lo chiamavano l’imperatore, ma il suo regno è durato lo spazio di un attimo. Il tempo di far vedere al mondo quello che sapeva fare, poi Adriano Leite Ribeiro, nato e cresciuto nelle favelas di Rio de Janeiro, è lì che è tornato. Nel suo rifugio, a casa. Da quella punizione estiva contro il Real Madrid, inizio della sua ascesa, sono passati ormai troppi anni: è il 14 agosto 2001, l’Inter orfana di Ronaldo, fuori da un anno per il maledetto ginocchio, gioca al Bernabeu contro i blancos.

Poco più di un’amichevole estiva, niente altro. Però contro il Real è sempre partita vera. A otto minuti dalla fine, sul risultato di 1 a 1, esce Bobo Vieri; Hector Cuper, l’hombre vertical che non sa vincere, manda in campo uno sconosciuto brasiliano diannovenne chiamato Adriano. In Italia a tutti vengono in mente, nell’ordine, Celentano e Panatta. E invece in quegli otto minuti lo sconosciuto brasiliano spaventa il mondo, fino alla punizione-bomba che spacca la rete alle spalle di Iker Casillas e regala all’Inter il trofeo Bernabeu.

 

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