VERSO ARGENTINA-FRANCIA

Messi per avvicinarsi a Diego, Mbappé per il bis: la finale più attesa

Sia la nazionale di Scaloni che quella di Deschamps hanno l'occasione di conquistare il terzo titolo mondiale della loro storia

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Non è solo Messi contro Mbappé, è ovvio. Serve per fare un titolo, una sintesi di una partita con mille significati. Pure troppi. E' una finale mondiale e già questo basterebbe. Ci sono però tanti altri motivi per fermare il mondo per un'ora e mezzo (più eventuali extra recuperi o extra-time). Già solo il fatto che Argentina e Francia abbiano l'occasione di avvicinarsi, con tre titoli, a Italia e Germania alle spalle dei cinque volte campioni brasiliani, è un motivo più che valido per rendere il senso della partita di oggi a Doha. 

Prendiamo Messi, per esempio. Ha passato la vita a dover dimostrare a tutti che Diego non è poi così irraggiungibile. Ha vinto tanto di più del Re del calcio a livello di club ma ha sempre avuto il cruccio di non potersi nemmeno avvicinare a lui con la maglia dell'Argentina. Ha raggiunto una finale nel 2014 ma i tedeschi gli hanno spento il sogno sul più bello. Dopo, si è visto scippare così tanti titoli continentali da fargli decidere di chiudere con la maglia albiceleste. Tornato a furor di popolo ha finalmente sollevato la Coppa America, proprio al Maracanà, la sede dell'incubo del Mondiale brasiliano. A Qatar 2022 ha messo in mostra, finora, la serie più bella di partite con l'Argentina. E' vicino, molto vicino a chiudere un cerchio.

Di fronte ha però Mbappé, un ragazzo di quasi 24 anni, il suo erede designato sul tetto del più forte del mondo. Colui che può raggiungere Pelé nel ristrettissimo gruppo di chi si porta a casa la seconda coppa del mondo a un'età in cui la maggior parte dei coetanei ancora deve decidere cosa fare da grande. Lui grande lo è già. E' a un passo dalla consacrazione definitiva. E' vicino, molto vicino a entrare nella leggenda. 

Poi ci sono i due che siedono in panchina. Scaloni è passato da essere un tappabuchi, dopo il fallimento di Sampaoli a Russia 2018, ad avvicinarsi al ruolo di salvatore della Patria. Ci è riuscito con 36 risultati utili consecutivi e dopo aver risollevato i suoi dopo la mazzata della sconfitta al debutto in Qatar contro l'Arabia Saudita. Soprattutto, però, dando una logica a una selezione che, secondo molti, non ha un gioco e invece è un meccanismo con ingranaggi precisi, che prendono vita dal movimento del numero dieci che stabilisce, con i suoi spostamenti, gli spazi da occupare o da liberare. Una selezione che può giocare a tre o a quattro dietro, che non ruba l'occhio a parte quando si accende Leo, ma che sa davvero bene quello che deve fare.

Dall'altra parte c'è chi viene definito pragmatico, come se fosse un insulto. Deschamps ha già alle spalle una carriera da incorniciare. Ha portato il Monaco alla finale di Champions League, ha risollevato una Juventus devastata da Calciopoli e, soprattutto, ha vinto un titolo mondiale. Può fare il bis, impresa riuscita solo al nostro Vittorio Pozzo, l'uomo passato alla storia per come caricava i suoi con i racconti delle battaglie della prima guerra mondiale, ma che sarebbe anche da ricordare per essere stato uno degli allenatori che hanno reso immortale un sistema di gioco (il Metodo) che ha portato la Juventus a vincere cinque scudetti consecutivi e l'Italia sul tetto del mondo nel '34 e nel '38. E poco importa, a livello sportivo, che il trionfo sia avvenuto in camicia nera.

Didier non ha inventato nulla, si è semplicemente adattato, nel migliore dei modi, a una rosa straordinaria. Ecco quindi Mbappé lasciato libero di scorazzare sulla sinistra (dopo aver vinto un titolo 4 anni prima dall'altra parte) senza essere costretto a rientri eccessivi, Griezmann a tutto campo, uomo in più in tutte le fasi e, soprattutto, una maturità collettiva che permette ai francesi di passare attraverso i vari momenti della partita senza attacchi di panico, sempre consapevoli di quale sia l’atteggiamento migliore da tenere. Una qualità da campioni del mondo. Messi permettendo. 

 

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