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Cuore tifoso Milan: lettera per il derby

Le ultime tre sfide all'Inter in campionato con un comun denominatore. E tra tante chiacchiere quel che serve è la determinazione...

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Carissimo Milan, e per Milan intendo tutti tutti, quelli che si mettono in tacchetti e quelli che si mettono in cravatta, anche questo derby sta arrivando e hai voglia a dire che ne hai vissuti tanti, e quali poi, con in mezzo gli scudetti, la finale di Champions, le robe pesanti. La tensione cresce, si sta sviluppando, l’attesa è sempre la stessa e in questo caso risuona come una gran pirlata quello slogan pubblicitario che spiegava come “l’attesa del piacere è essa stessa il piacere”. Qui, di piacere, minga, in qualsiasi situazione. E men che meno stavolta, adesso, caro Milan – e qui vengo al punto – perché il combinato disposto della situazione tecnica attuale e il trend di tutti gli ultimi incontri coi dirimpettai di curva produce un’aspettativa timida per non dire pessimista, molto ombreggiata, che al di là della logica e doverosa speranza del tifoso di vincere, di piacere non ne produce manco un po'. 

Gli ultimi tre derby di campionato, un disastro ferroviario nel risultato e soprattutto nell'atteggiamento, con il Milan quasi sempre incapace di prendere metaforicamente per il bavero gli altri e sbatacchiarli un po', spaventarli. È successo un po' solo l’ultima volta, quando un match in cui ci si era presentati da pseudofavoriti era già diventato la solita scalata himalayana al terzo minuto, prima azione interista, gol. E poi un’ora di nulla, e la reazione tardiva, vana e frustrante, con D'Ambrosio che ferma con le terga al 94' quell’ultimo tiro di Cutrone. Il pallone che, a conti fatti, sarebbe valso la Champions League. I due appena precedenti, invece, contrassegnati dallo zero: zero gol, pressoché zero tiri, soprattutto zero idee e atteggiamenti per vincere. In uno si portò a casa un punto, nell’altro Icardi punì al 92' la grande bruttezza.

Quindi, caro Milan, a dispetto del poco, pochissimo che si è visto in questo primo scorcio di campionato, si chiede tanto per cominciare un altro impatto, un altro coraggio, la voglia di giocarsela proprio perché apparentemente indietro rispetto a loro, meno attrezzati, con più casino nel cantiere. Certo, servono innanzitutto morale e compattezza, e le cose viste e soprattutto dette a Verona e nei dintorni non aiutano a pensare bene: la sensazione di confusione, il rumore di qualche scricchiolio si percepiscono. L'evidente disagio di Giampaolo per la costruzione della squadra sta tendendo i rapporti interni, e in mezzo ci sono i giocatori, tra i quali – sempre opportuno ricordarlo – sono pochissimi coloro che possono sentire davvero l'odore, il peso del derby e cercare di indirizzare i compagni verso l'obiettivo, a prescindere da qualsiasi difficoltà interna.

Possiamo metterci qui, ancora una volta, a disquisire di Paquetà e Suso, di Piątek e Biglia, di 4-3-3 o di format Giampaolo: ma la verità è che questi problemi, queste lacune ci sono e rimangono, e sicuramente non si sono corrette nel giro di pochi giorni. Per questo, in una partita come quella di domani, la prima componente che può sparigliare le carte e mettere tutto subito in gioco è la determinazione, che comporta anche l'accettazione del rischio e della sfida. Mordere. Provarci. Non fa parte nel dna di questa squadra, è vero. Ma fa parte del dna del derby: anche in quello di Milano, da sempre il più tecnico, il più elevato d'Italia, i ragionieri, gli attendisti, i distanti fanno sempre una brutta fine. Carissimo Milan, grazie per l'attenzione. Ti aspetto domani sera, come sempre. Mi raccomando.
 

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