“Sometimes the words have two meanings”, qualche volta le parole hanno due significati, recita il testo di Stairway to Heaven, inno dei Led Zeppelin. Nel caso del Milan - per nulla incamminato in una scala verso il Paradiso -, la parola che ha due significati e ne riassume uno solo è “fondo”, il fondo proprietario a interim del club e il fondo inteso come livello più basso, margine estremo, quello che per definizione una volta toccato presume una risalita. Come è noto, si può anche provare a scavare, e nelle ultime 48 ore pare che tutto il corpo societario dell’Associazione stia effettuando questo tentativo con grande unità di intenti.
Esonerare un allenatore senza averlo esonerato, e contemporaneamente concentrare gli sforzi su un allenatore ancora contrattualmente legato a un’altra società (e quale, una a caso) senza avere prima definito, a luci e microfoni spenti, la via dello svincolo prima e quella dell’accordo poi. Ovviamente rimasta a metà del guado -, perché non si capisce proprio perché l’ “altra società” debba fare un favore economico e strategico a una rivale, e nel frattempo ufficiosamente informato il mondo che si stava puntando dritto sull’allenatore vincolato -, la dirigenza ha innestato la retromarcia ed è passata al piano B, puntando su un altro tecnico nelle stesse ore cercato dall’ultima e dalla penultima in classifica. E dunque pensando di sostituire il mister esonerato ma non ancora esonerato, che dalla sua abitazione è stato costretto a subìre l’assurdo count-down della telefonata fatidica, con uno che già in partenza sa di essere un ripiego. Che dire, complimenti. Complimenti innanzitutto alla comunicazione del Milan, che in questo campo sta distruggendo la reputazione costruita negli ultimi decenni ancora più di quanto stiano facendo le varie edizioni viste sul campo di gioco.
Marco Giampaolo – lo sanno tutti – è andato a Genova già in bilico sul burrone, sicuramente da solo, o con l’unico supporto di Paolo Maldini, che poi è stato costretto ad alzare suo malgrado bandiera bianca dopo le scelte operate dal “Maestro” a Marassi. Sarà cinico, inelegante, tutto quello che volete, ma già dopo la Fiorentina (e persino prima), le macchine della sostituzione dovevano essere accese, e alle analisi, alle valutazioni che sono state sicuramente compiute, si doveva lavorare a un obiettivo preciso, prendendosi tutto il tempo necessario: nel caso di Luciano Spalletti, il tempo necessario alla definizione del suo divorzio dall’Inter, magari tentando di mediare, trattando a propria volta con i dirimpettai. E nel frattempo, anche in ragione di un fallimento dell’operazione, continuando a mantenere Giampaolo in una posizione di legittimità; o diversamente, appurata l’impossibilità di una prosecuzione del rapporto, avendo il coraggio di congedare comunque il tecnico di Giulianova e affidare temporaneamente la squadra a un tecnico già in organico alla società, a Federico Giunti, a chiunque potesse essere reggente in un periodo che sarebbe stato comunque estremamente limitato, nell’ordine dei giorni. Tutto, ripetiamo, gestito in una forma totalmente diversa. Invece, il caos, l’indecisione, l’albergo del libero scambio che è in questo momento Casa Milan sono stati lasciati bene in vista al popolo rossonero e non, specialmente alla piazza social che ruggisce, piange, insulta, critica, sfotte, pontifica a seconda della parrocchia di appartenenza. E oggi, nuova puntata, forse l’ultima, protagonista sarà Stefano Pioli, a quanto pare indicato da Maldini con l’ok di Gazidis: effettivamente, costa molto meno di Spalletti. Pioli passato pure lui dall’Inter, subentrato, sostituito, mangiato da San Siro. Pioli già nel centro del mirino ancora prima di essersi seduto “face to face” con Boban, Maldini, Massara, eccetera. Giampaolo è lì che aspetta, a casa sua. Mamma mia. Sempre più difficile, cari milanisti. Eppure bisogna esserlo. Fino in Fondo.