La Nba non è (più) un campionato per playmaker

Basket americano ed europeo, tanto diversi quanto complementari

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Ipiù ferventi amanti della NBA avranno notato che ormai da quasi una decade, guardando in tv la classica schermata con il quintetto iniziale, i nomi dei giocatori e gli acronimi del loro ruolo in campo, il classico “PM” che indicava il playmaker, è stato sostituito da un enigmatico “PG”, ovvero Point Guard, letteralmente la guardia che mette a referto punti. Bene, questa non è affatto una sfumatura dialettica, anzi è una delle testimonianze più significative della contrapposizione tra le interpretazioni del basket negli Stati Uniti e in Europa, dove il playmaker è salvo almeno per il momento. Si parta dall’inizio, esattamente dal 1891, quando la pallacanestro nasce negli Stati Uniti con premesse che più a stelle e strisce non si può: creare un’attività di squadra che mantenga la tonicità degli atleti durante il periodo invernale, quando è troppo freddo per poter praticare gli sport di punta americani, come il baseball e il football (la “variante” con la palla ovale, of course). Passa però poco tempo dal momento della sua ideazione a quando il popolo europeo alza un interessato sopracciglio nei confronti della “palla nel cesto”. Sì perché già nel 1893, a Parigi, si svolge quello che è il primo incontro semi-ufficiale di basket nel Vecchio Continente; così, nel giro di due anni, sulle coste opposte dell’Atlantico nascono due scuole antitetiche e spesso rivali, dal cui confronto e scontro nascerà quell’armonia così bella che può nascere solo dal contrasto.

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