Juventus, Allegri: "Ha deciso la società, era il momento giusto di lasciarsi"

"Ho espresso la mia opinione sul bene futuro della Juventus, è una decisione nell'interesse di tutti"

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Cinque stagioni vissute al massimo tra scudetti, Coppa Italia e Supercoppa italiana vinte e due Champions League solo sfiorate. Massimiliano Allegri e la Juventus si dicono addio, c'è chi sostiene per volere di Nedved e Paratici, ma le ragioni sono state spiegate in conferenza - senza trattenere le lacrime - dallo stesso tecnico con tutta la squadra bianconera schierata nella prime quattro file. "Nei rapporti professionali ci si può dividere - ha commentato Allegri -, è una decisione che prendo tranquillamente. Non è arrivata per visioni divergenti su giocatori, strategie, rivoluzioni o contratto. Ognuno ha fatto le proprie considerazioni, abbiamo discusso e ho espresso il mio parere sul bene della Juventus per il futuro, poi la società ha preso la decisione facendo la propria scelta. Questo però non cambia nulla, i rapporti con la società sono e restano ottimi".

Sul futuro: "Ora mi riposo e penso a festeggiare come si deve questo ciclo, poi valuterò le proposte che arriveranno. Potrei anche stare fermo un anno per dedicare del tempo a me stesso e a chi mi sta vicino, ma sono valutazioni che farò più avanti".


LE PAROLE DI ALLEGRI

- Quando ha capito che non potrà realizzare l'idea della Juventus che aveva in mente?
Ringrazio il presidente e i ragazzi per quello che hanno fatto e mi hanno dato, quelli di quest'anno e tutti gli altri. Ci siamo tolti tante soddisfazioni, lascio una squadra vincente che ha le potenzialità per ripetersi in Italia e fare un grande Champions. Quest'anno purtroppo non siamo riusciti ad arrivare in fondo in Europa. Abbiamo discusso e ho espresso il mio parere sul bene della Juventus per il futuro, la società ha fatto le proprie considerazioni e ha fatto le proprie scelte. Questo non cambia nulla, i rapporti con la società sono e restano ottimi.

Ora abbiamo due cose da festeggiare allo Stadium: lo scudetto e l'addio di Barzagli, che lascia. Deve essere una bellissima serata in cui festeggiare cinque anni straordinari.

- E' una scelta condizionata dall'ambiente esterno?
La prendo tranquillamente, nei rapporti professionali ci si può dividere. Io non ho chiesto anni di contratto, rivoluzioni, giocatori. Non ne abbiamo mai parlato, non ci siamo nemmeno arrivati. E' arrivato il tempo giusto per dividersi. Sono contento ed emozionato, ma ora dobbiamo festeggiare. La Juventus ripartirà l'anno prossimo nel migliore dei modi.

- Pensi di aver pagato il fatto che si dica che le tue squadre non giocano bene?
Non ha pesato questa cosa, è sempre stato un dibattito aperto con tutti. Alla fine di tutto contano gli obiettivi raggiunti, alla Juventus devi vincere e anche quest'anno l'abbiamo fatto. Il giocare bene o male dipende da tanti fattori, ma il risultato condiziona ancora di più. Io da allenatore dovrò sempre analizzare la prestazione e non il risultato, che però senza prestazioni non arriva. Il calcio è anche strategia, non sempre si può giocare bene, spesso lo scudetto lo vinci conquistando le partite giocate male che fanno la differenza a fine anno. Se uno si accontenta di uscire dal campo dicendo "abbiamo giocato bene, ma abbiamo perso" non fa per me. Nel calcio si deve vincere le partite. Le grandi partite le vincono le grandi difese, il Real a Cardiff ha difeso meglio di noi. Io a 52 anni non ho ancora capito cosa voglia dire "giocare bene a calcio". Nella vita ci sono le categorie: chi vince, chi perde, chi retrocede e chi no. Se uno non vince mai ci sarà un motivo! Ora va di moda la teoria, non ci sono più i mestieranti. Guardate Cellino, è andato a Brescia e lo ha riportato in Serie A subito, perché è più bravo degli altri.

- Vai via anche perché non puoi fare l'allenatore-manager come avresti voluto?
Assolutamente no, in questi cinque anni sono sempre stato coinvolto nelle decisioni della società. Non sono mai stato uno yesman, ma sono sempre stato parte del discorso nelle varie problematiche. Nelle società così grandi l'allenatore deve essere a conoscenza di tutte le problematiche, poi a me le cose nuove interessano sempre e non mi piaceva essere ridotto a dare solo la formazione.

- Ti senti juventino? Cosa significa esserlo per te?
Da quando sono qui sì, ma lo ero anche da piccolo quando avevo il poster di Platini. Significa far parte di una famiglia che ha un Dna ben preciso che insegna molto e cresce. Qui impari disciplina e cultura del lavoro, sono stati cinque anni di grande insegnamento in cui sono cresciuto.

- Si è chiesto perché non ha conquistato completamente i tifosi?
Non me lo sono domandato perché i tifosi sono sempre stati molto calorosi e mostrato stima e affetto.

- Che farai in futuro?
Ora come ora penso solo a festeggiare. Magari una pausa mi farebbe anche bene, poi a metà luglio magari avrò voglia di lavorare. Avrò la serenità di valutare le situazioni proposte e valuterò, altrimenti prenderò un anno più lungo dedicandomi del tempo

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