PROBLEMI E SOLUZIONI

Premier League: niente accordo per il taglio degli stipendi

I giocatori vogliono aiutare dipendenti dei club e servizio sanitario ma si chiedono: con stipendi più bassi pagheremo meno tasse allo Stato

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Se la situazione calcistica italiana rimane in stallo, quella inglese è più o meno sulla stessa linea d'onda. Ma la trattativa tra Premier League, club e giocatori per le misure economiche da adottare in questo momento di fermo per l'emergenza coronavirus rivela aspetti che sicuramente staranno affrontando nelle stesse ore anche i corrispettivi italiani. 

La richiesta del sindacato calciatori inglese chiede anzitutto che la riduzione dei salari garantisca il pagamento totale degli stipendi dei dipendenti di ogni club, invece di trovare scappatoie (seppur legali) come quelle di Tottenham e Liverpool che li hanno messo in cassa integrazione usufruendo di aiuti statali. 

Un secondo aspetto da tenere in conto è la conseguenza che porta il taglio degli stipendi. Vero che i calciatori vogliono aiutare le casse delle società ma un taglio del 30% sul lordo annuale, come proposta dalla Football Association, porterebbe pure un buco nelle entrate statali di circa 200 milioni di sterline. Meno stipendi, meno tasse: soldi che perderebbe anche il sistema sanitario inglese, al collasso come quello italiano.

I calciatori inoltre chiedono di valutare in questo senso la possibilità di sospendere, più che di tagliare i compensi. Le società non verseranno gli stipendi in questi mesi di emergenza mantenendo un flusso di cassa e pagheranno tutto il dovuto solo a crisi finita.

Infine, in questo balletto di cifre i giocatori chiedono che aumenti il contributo di 20 milioni di sterline stanziato dalla Premier League ad enti benefici a supporto di chi sta affrontando l'emergenza. Le trattative proseguono comunque ad oltranza.

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