La vita di Tevez a Fuerte Apache: "Droga, armi e rapine, come sempre in periferia. Ma potevo giocare a calcio"

L'attaccante argentino racconta la sua infanzia e rivela: "Se c'è Barça-Real in tv, preferisco vedere il golf"

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Carlos Tevez ne ha viste di tutti i colori a Fuerte Apache, il quartiere di Buenos Aires in cui è cresciuto, compresi l'abbandono da parte della madre biologica e la "fuga" del padre. Una vita da film la sua, anzi da serie tv, "Apache", che sarà in onda a marzo e sarà aderente alla realtà perché "non mancherà nulla, dal giorno in cui mi feci la cicatrice a quello del debutto nel Boca Juniors". E proprio il 34enne argentino ha raccontato alcuni dettagli: "C'era tutto quello che c'è di solito nei quartieri di periferia, cioè armi, droga e rapine ogni giorno. Ma noi eravamo felici lo stesso perché potevamo giocare a calcio tutto il giorno nella strada. Giocavamo per guadagnarci da mangiare il formaggio e il salame ed eravamo obbligati a vincere, perché non avevamo niente per pagare il debito", ha detto in un'intervista a El Clarín.

Quello che conta per Tevez è proprio aiutare i più deboli e migliorare la situazione dell'Argentina: "Possiamo passare un'intera giornata a discutere di politica e non saremo mai d'accordo. Nel frattempo ci sono persone che stanno morendo di fame". Non importa da chi venga l'impulso politico: "Posso essere amico di Mauricio Macri (presidente della Repubblica ed ex presidente del Boca quando lui esordì, liberale di centrodestra), di Cristina Kirchner (ex presidente, peronista di sinistra) o di Daniel Scioli (peronista di sinistra, sconfitto alle elezioni da Macri). Se mi chiamano per dare una mano io sono disponibile. Se sappiamo che il Paese sta male, facciamo qualcosa!".
Infatti la politica non gli interessa: "In casa non se ne parlava, perché mio padre andava a lavorare la mattina alle 6 e rientrava la sera alle 7 per poterci dare un piatto da mangiare. Questo è l'esempio che bisogna dare ai più piccoli, oltre all'educazione".

E, a sorpresa, Tevez ha rivelato anche quanto il calcio conti davvero per lui: "Non sono un fanatico, mi piace giocare e avere il pallone tra i piedi, ma non mi piace da vedere. Se in tv c'è Barcellona-Real Madrid e in un altro canale un torneo di golf, io vedo il golf". Ma sulla possibilità di alzare di nuovo il trofeo della Copa Libertadores dopo il 2003 non si nasconde: "Vincerla con la squadra che ami da sempre è la sensazione migliore che un calciatore possa provare".
Soprattutto se dovesse sconfiggere il River Plate in finale: "Ora non posso pensarci, mancherei di rispetto al Palmeiras (andata il 25 ottobre e ritorno il 1° novembre). Per vincere la semifinale noi del Boca dobbiamo essere al 100%, perché spesso queste partite vengono decise da dettagli, da errori".

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