Carlo il Predestinato alla panchina della Nazionale

Da Liedholm a Sacchi, la rincorsa di Ancelotti che ha sempre detto "un giorno sarò sulla panchina azzurra"

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"Ho ancora voglia di allenare, tutti i giorni. Quando non l'avrò più, una Nazionale mi piacerebbe". Una qualunque? "Beh no. Quella italiana...". Non è di oggi, no. Queste parole Carlo Ancelotti il Predestinato (alla panchina azzurra) le ha pronunciate più volte nel tempo, tempo recente: quando era al Psg nel 2013, quando aveva vinto la "Decima" Champions al Real Madrid nel 2014, quando -la scorsa primavera- era il padre nobile del Bayern Monaco che però il 29 settembre l'ha esonerato.
Un giorno, quando stava seduto sulla panchina del Chelsea (dal 2009 al 2011) gli avevano anche chiesto: farebbe il ct dell'Inghilterra? "Bella idea. Ma prima delle altre vorrei essere ct dell'Italia". E poi, nel suo lungo soggiorno (vincente) all'estero: "Appena ho a che fare con la stampa italiana, mi chiedono della Nazionale e del mio futuro. Ci arriveremo...".
E quel giorno è arrivato. Oggi o domani, questione di ore. La richiesta, la domanda da parte dei vertici della Federcalcio. La risposta tocca a lui, il Predestinato che forse -ribadiamo forse- ha messo in soffitta la "voglia di allenare tutti i giorni", progettando la sua seconda vita da allenatore che diventa commissario tecnico.
Un ct che non ha bisogno di conoscere, capire, integrarsi e studiare. No. Carlo Ancelotti è uno che -verosimilmente- sa già tutto. Calciatore, è cresciuto alla scuola di Nils Liedholm, imparandone le astuzie tecnico-tattiche in campo e la filosofia di una vita da panchina, quell'approccio bonario e deciso per far contenti tutti, chi gioca e chi non gioca, chi comanda e chi è al servizio. Carletto che ha attraversato anche l'era-Bearzot in Nazionale, "rubando" -disse un giorno- "la sua straordinaria capacità di creare un rapporto speciale con la squadra, col gruppo". Ancelotti ha poi chiuso e allungato la carriera col mitico Milan di Arrigo Sacchi, il Maestro che ha riscritto la storia e l'evoluzione del calcio italiano; e con Sacchi ct azzurro ha pure cominciato la sua carriera in panchina. Dura da 25 anni. La stima reciproca è anche un solido legame che dura da trent'anni.
E i 25 anni di Ancelotti in panchina stanno in due dati. Dal "perdente di successo" coniato il giorno del suo esonero alla Juventus (giugno 2001) all'approdo al Milan nel novembre dello stesso anno, fortemente voluto da Berlusconi e Galliani, cominciando la sua straordinaria carriera da "vincente di successo" che significa: 11 trofei nazionali, 9 internazionali, fra i quali 3 Champions League (record che condivide con Bob Paisley) e 3 Supercoppe europee (record che condivide con Pep Guardiola), oltre ai quattro campionati vinti in Italia, Inghilterra, Francia e Germania.
Prima di Ancelotti ct (se diventerà ct) solo due tecnici che hanno vinto la Champions League sono arrivati alla panchina della Nazionale: Arrigo Sacchi nel 1991 e Marcello Lippi nel 2004. (A metà Anni Sessanta c'era stato anche Helenio Herrera accanto a Valcareggi, ma fu un'esperienza di pochi mesi). Forse non per caso, entrambi si sono giocati un Mondiale ai rigori: Sacchi nel 1994 perdendolo col Brasile. Lippi nel 2006 vincendolo contro la Francia. Nel 2022, come sarà?

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