Lega Basket shock: sì a squadre con 12 stranieri

In cambio una luxury tax da distribuire alle società con vivai virtuosi. Federazione contraria

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Nel mondo del basket è scontro tra Lega e Federazione, dopo che la prima ha proposto incentivi economici per chi punta sugli italiani e luxury tax progressiva per chi si affida agli stranieri. In pratica sborsando poche centinaia di migliaia di euro le squadre più ricche potrebbero avere 12 stranieri su 12 posti, derogando alla base minima di 5 italiani e 5 stranieri. Un'idea che non piace a Petrucci che puntava sul limite agli extracomunitari.

Da un lato la Lega che, allo stesso tempo, vuole permettere alle società che giocano le coppe europee di costruire squadre competitive senza troppi vincoli di passaporto, e alle società meno ricche di aumentare i ricavi tramite gli investimenti sui giovani italiani. Dall'altro c'è una Federazione alle prese con gli ultimi disastri di una Nazionale finita in seconda fascia, lontano dalle medaglie che contano ormai dalle Olimpiadi del 2004 e che vorrebbe operare nella direzione inversa: Boscia Tanjevic, direttore generale tecnico delle squadre azzurre, spinge per ridurre a 4 gli stranieri in A (oggi sono 5 o 7), mentre il presidente Gianni Petrucci punta sul limite agli extracomunitari facendo sponda con il Coni.

Nella rivoluzionaria proposta della Lega non convincono gli importi della luxy tax: 20mila euro per il sesto straniero, 40mila per il settimo, 80mila per l'ottavo e via via fino ad arrivare a 160mila per schierare a referto 12 stranieri. Ci sarebbe anche un problema relativo al numero dei visti (il Coni ne assegna 200 annui alla Fip che ne stanzia 112 per la Serie A, largamente insufficienti per coprire 12 posti stranieri per 16 squadre). Inoltre Oscar Eleni su 'Il Giornale', scendendo nella pratica, si chiede 'dove troveranno posto nelle squadre importanti i migliori prodotti del vivaio?' e pone l'accento su come le prime sei del nostro campionato saino già piene zeppe di stranieri (solo 3 gli italiani nei quintetti base) e in Europa facciano comunque fatica, chiaro segnale del fatto che non tutto ciò che non sia italiano sia sinonimo di qualità. Una proposta, dunque, che solleva tanti dubbi: a provare a sbrogliare l'intricata matassa ci penserà il prossimo Consiglio Federale.

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