Chi va piano non sempre va lontano: i pericoli della corsa troppo lenta

Attenzione alla corsa troppo lenta: più si attiva la propria muscolatura, più ci si difende dal trauma da impatto

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Chi si avvicina al running di solito va piano per un motivo preciso: riesce a correre più a lungo. Ma non sempre è un bene...

Avete mai visto un bimbo correre lentamente? Per piano intendiamo con una cadenza “strascicata”, a mò di tapasciata domenicale? I bambini non si pongono problemi di risparmio energetico perché sanno di potersi fermare in qualsiasi momento e il loro moto è di solito armonioso, oltre che dispendioso. Queste considerazioni portano a pensare che una corsa troppo al risparmio non sia sempre naturale e che per correre più a lungo e conservare energia non si esegua in automatico un gesto atletico armonioso: ciò può incidere negativamente sulla qualità del movimento.

Possiamo definire la corsa lenta come quella che permette di procedere a lungo senza un accumulo significativo di acido lattico: tecnicamente avviene con un appoggio sul tallone e una rullata completa su mesopiede e avampiede.

Quali sono le insidie di una corsa di questo tipo da un punto di vista ortopedico-biomeccanico?
"Prolungando il tempo di contatto con il terreno si esaspera il movimento di pronazione del piede, con potenziali conseguenze negative in chi ha già problemi di appoggio" spiega l'ortopedico Luca De Ponti. "Gli inconvenienti possono poi coinvolgere le strutture fasciali e tendinee delle estremità inferiori ma anche, più in alto, alcune componenti del ginocchio, per l'eccessiva intrarotazione della tibia. Per ovviare a ciò potrebbe essere teoricamente giustificato, a parità di velocità, un passo meno ampio e più frequente, al fine di diminuire i tempi di appoggio e di avere un migliore controllo del movimento del piede. Non sempre però questa strategia riserva dei riscontri prestativi ottimali".

Possiamo genericamente affermare che più le percorrenze diventano lunghe più l'efficienza muscolare tende a scemare ˗ anche per motivi del tutto fisiologici ˗ e la qualità del gesto atletico, sotto il profilo del controllo del movimento, ne può risentire. Molte sindromi da sovraccarico muscolare e fratture da fatica sono imputabili a un inadeguato controllo del movimento nella fase di decelerazione.

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