Torino, Belotti: "Il gol? Non è un'ossessione ma..."

L'attaccante granata racconta il suo momento più nero. Dal gol perduto ai Mondiali mancati

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C'è una foto, che potete vedere qui a fianco e che è la descrizione di un attimo. L'Italia è fuori dai Mondiali da una manciata di minuti, San Siro è un'ombra larga che schiaccia e in un angolo, seduto e senza più forze, c'è Andrea Belotti. Nella foto si vede qualcosa di raro - quindi tremendamente bello -, uno spiraglio di umanità nella notte in cui sono caduti gli Dei o qualcosa di simile. L'arbitro Lahoz, spagnolo, nemmeno troppo benevolo con l'Italia, si abbassa su Belotti e quasi lo abbraccia. Non sappiamo se abbia detto qualcosa, se si sia lasciato scappare un "figlio mio, non è la fine del mondo", ma in quello scatto c'è la sintesi profonda di un anno nato male, di un incubo da cui scappare via il più velocemente possibile.

Lahoz non sa, probabilmente, che mesi sono stati gli ultimi mesi di Belotti. Non sa di una stagione da super-eroe e di una clausola folle. Non sa dell'infortunio, del sudore, della fatica fatta per rialzarsi subito. Per questo di quel momento, di quel ragazzo che resta inchiodato al prato di San Siro un attimo dopo il fallimento, Lahoz può sentire solo una minima parte di una sofferenza che è profonda.

Belotti ne parla al Corriere della Sera. Senza dimenticare il resto della truppa, ma tralasciando ostilità da derby. In quello che dice lui è Buffon, e viceversa. "Per Gigi l'eliminazione significava non poter più giocare un altro Mondiale - dice -, mi è dispiaciuto. Al termine del match a San Siro tutti eravamo tristissimi, gli italiani lo erano. Io ho scaricato l'amarezza subito, ho visto altri piangere negli spogliatoi, altri ancora lo avranno fatto una volta tornati a casa. Ventura ci ha parlato con parole importanti ma che terrò per me. Il prossimo ct? Si fanno molti nomi, ma non spetta a me. Ripeto solo che l'unità è sempre stata la nostra forza". E ancora: "La ricetta per il rilancio del calcio italiano? Bisogna restare tutti uniti: Federazione, staff tecnico, giocatori. È sempre stata questa la grande forza dell'Italia".

Voltare pagina, certo. Per l'Italia in generale, ma anche per il Gallo in particolare. Perché i grandi attaccanti passano sempre per momenti neri. Ci sono giorni in cui segneresti anche stando a casa e altri in cui non c'è proprio verso. Nemmeno dentro undici metri. "Ma non sento nessuna pressione in più - chiarisce -. E ribadisco che la mancanza del gol dell'ultimo periodo non è un'ossessione, tornerà presto. Riguardo tutte le partite, anzi quelle in cui non ho fatto gol, con maggiore attenzione per capire quali errori ho commesso".

Il momento giusto potrebbe essere la sfida contro il Milan, di nuovo a San Siro: "Con il Milan sarà dura, quando giochi a San Siro lo è sempre. Loro hanno cambiato molto e hanno bisogno di tempo per crescere, ma sarà una gara tosta". Una gara contro una diretta concorrente perché, spiega, "la qualificazione alla prossima Europa League è l'obiettivo. Se un giorno giocherò la Champions? Ora con il Toro lavoriamo tutti per conquistare subito un posto in Europa League. Poi, nel tempo, magari arriverà anche qualcosa di più. Io mi nutro di sogni, non mi accontento". E come lui Sinisa Mihajlovic: "Ho un legame straordinario. È il primo che crede in noi e ci trasmette ogni giorno questa fiducia".

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