Dal mercato a Gattuso, tutti gli errori del Milan

Società, tecnici e giocatori sotto accusa. E la deriva non sembra ancora finita

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Chi pensava di aver visto tutto a Benevento, paragonando peraltro malamente quella partita alla storica sconfitta contro la Cavese in Serie B, non poteva sapere quello che sarebbe successo a Verona e quanto profondo potesse essere l'abisso milanista. Se non vi fosse da piangere, verrebbe da ridere per quanto questa storia stia assumendo, di settimana in settimana, contorni melodrammatici. Non solo per i risultati, pessimi, del campo. Ma anche per la gestione sportiva ed economica del club e per le notizie, sempre poco rassicuranti, che arrivano sul mondo Milan in generale. Un mondo, un pianeta, da letteratura dello sport, svelato attraverso proclami fantascientifici e, quindi, alla prova dei fatti, irreali. Per dire: venite su Marte che si sta bene. Salvo poi scoprire che non c'è nemmeno acqua per sopravvivere.

Partiamo quindi da un'estate ormai lontana anni luce. Mirabelli, ma anche Fassone, continuano a sostenere - ieri l'ultima volta - che rifarebbero tutto quello che è stato fatto sul mercato. Nessun rimpianto, anche al netto di qualche piccola ammissione di colpa (Fassone, qualche giorno fa, ha ammesso di aver forse sbagliato qualcosa nella campagna acquisti), e la stessa sensazione di allora di aver messo a disposizione di Montella prima e Gattuso poi una squadra competitiva. Così competitiva, si pensava ad agosto, da poter puntare tranquillamente a un piazzamento Champions. I numeri, sempre molto banali ma anche incontestabili, non sostengono questa tesi. Per fermarci ai soli attaccanti, ecco i più significativi relativi al solo campionato:

- Kalinic (prestito con diritto di riscatto per un totale di 25 milioni): 15 presenze e 4 gol distribuiti in tre sole partite (2 Udinese, 1 Chievo, 1 Benevento)

- André Silva (38 milioni bonus compresi): 10 presenze e zero gol

- Borini (6 milioni più bonus): 14 presenze e zero gol

Ai nuovi arrivati vanno aggiunti due gol di Cutrone (11 presenze) nelle prime due giornate di campionato (Crotone e Cagliari). Lasagna, Cristante e Verdi, per citare tre giocatori di squadre di medio-bassa classifica, hanno segnato da soli più dei tre giocatori più offensivi acquistati dal Milan in estate (5 reti). Mica male.

Non solo gli attaccanti, però, perché dall'arrivo di Gattuso in panchina sono finiti spesso e volentieri anche Biglia (17 milioni più 3 di bonus) e Musacchio (18 milioni). Questo per dire che a Verona, tra l'unidici iniziale e le sostituzioni, il Milan si è permesso in panchina la bellezza di 119 milioni. Un lusso che nemmeno il Real.

Tornando quindi alle parole di Mirabelli, che rifarebbe tutto sul mercato, i casi sono due: o gli acquisti sono stati sbagliati oppure gli allenatori, Montella e Gattuso, non li hanno saputi valorizzare.

Dando per buona la tesi del club (acquisti di valore in sede di mercato), è evidente che le colpe non possano che ricadere sui tecnici e sulle difficoltà incontrate - in momenti molto diversi - da entrambi nel tentativo di dare forma e logica alla squadra. Il compito di assemblarla è spettato a Montella e il suo progetto è stato in piedi più o meno fino alla sconfitta di Genova contro la Sampdoria. Fin lì, fatta salva la brutta sconfitta con la Lazio, il suo Milan aveva dato segnali confortanti e toccato, almeno a nostro parere, il punto tatticamente più alto nel match casalingo contro la Spal.

Paradossalmente - la partita non era tra le più difficili e non fu comunque vinta in scioltezza -, contro i ferraresi il Milan aveva per la prima volta mostrato qualcosa di nuovo, e buono, dal punto di vista del gioco e dell'idea di gioco. Pressing molto alto, marcature preventive, fallo tattico quando necessario: tutto quello che serviva per tenere sempre corta una squadra tecnica ma poco mobile e tornare velocemente in possesso del pallone facendolo tra l'altro il più vicino possibile all'area avversaria (quando la squadra si lascia aggredire in campo aperto, finisce sempre malissimo).

Questo abbozzo di progetto è naufragato alla prima vera difficoltà, al primo stop imprevisto della stagione, come detto il 2-0 contro la Samp. Piccolo inciso, la sconfitta di Genova ha aperto una "stagione" di ko con tutte le squadre di alta classifica, stagione con un filo conduttore: sempre almeno due gol subiti e sempre molta difficoltà a segnare (4-1 Lazio, 2-0 Samp, 0-2 Roma, 0-2 Juve, 2-1 Napoli). Unica eccezione il 3-2, di pancia, del derby con l'Inter.

Ma torniamo al progetto tattico e al suo fallimento. Da lì in avanti, dalla Samp dicevamo, Montella ha cominciato a cambiare in maniera quasi ossessiva modulo e giocatori per provare a trovare un equilibrio che, invece, c'era già o si era intravisto nelle gare precedenti. E, gradatamente, ha perso il controllo della squadra arrivando all'esonero dopo un pareggio, 0-0, contro il Torino e una partita tutto sommato meno negativa di altre. A Montella - o almeno, così ha detto lui - vanno imputate anche le colpe per il cambio di preparatore atletico a stagione ampiamente in corso. Una follia totale (se la preparazione di una stagione cominciata molto presto è sbagliata, sono sempre guai seri) cui peraltro si è posto rimedio con molta calma. Insomma, per sostituire Marra ci è voluto un mesetto abbondante.

Passata la palla a Gattuso la linea di continuità è stata quasi nulla. Dalla difesa a tre (anche se quella dell'ultimo Montella era una difesa a tre mascherata) si è passati alla difesa a quattro ma, soprattutto, sono gli uomini che sono cambiati radicalmente. Biglia ha perso il posto quasi subito, Musacchio ha giocato pochino, le punte si sono sufficientemente alternate e a destra è tornato di moda Calabria.

Il carattere di Ringhio e quel che di solito portano i cambi in panchina erano sufficienti per attendersi un cambio di rotta se non altro caratteriale. E invece proprio sotto il profilo psicologico la squadra è rimasta identica a se stessa. Tanto che lo stesso Gattuso ha fatto notare che "non sappiamo reagire quando andiamo sotto". Verissimo. In questa stagione, in campionato come in Europa League, il Milan non è mai stato in grado di ribaltare un risultato sfavorevole. Non solo, nemmeno di strappare un pareggio dopo essere andato in svantaggio. Il che può voler dire solo una cosa: che la squadra non è convinta del percorso che è stato intrapreso.

L'altro aspetto da tenere in debita considerazione e che preoccupa per quel che resta di questa stagione è la mancanza di obiettivi. La squadra, partita come detto per piazzarsi tra le prime quattro, è stata risucchiata in quel limbo della classifica in cui vincere o perdere conta pochino. La zona Europa League è ancora a distanza di sicurezza ma rappresenta un obiettivo poco allettante per la bocca buona che si erano fatti giocatori, dirigenza e tifosi. In campo quest'assenza di motivazioni si vede. Il Milan non aggredisce le partite, non ha la fame che ovviamente e giustamente Gattuso reclama, sembra quasi che sia lì per assolvere a un compito che non gli piace. Il fatto che Gattuso abbia parlato apertamente di "stipendi regolarmente pagati" proprio nell'immediato post-partita di Verona lascia una duplice sensazione: che anche per lui la squadra non si "sbatta" a sufficienza o - e sarebbe molto più grave - che quella possibilità, cioè non ricevere un giorno gli stipendi, sussista realmente.

A quest'ultima possibilità si lega, o si possono legare, i dubbi della Uefa sulla tenuta finanziaria del club e il conseguente rigetto della richiesta di voluntary agreement presentata dal Milan all'organo di controllo europeo. Fassone ha fatto chiarezza sulla questione e parlato di richieste Uefa impossibili da accontentare. Ma prima, prima ancora di questo no al voluntary agreement, era stato spiegato più volte che la mancata qualificazione alla prossima Champions avrebbe inevitabilmente condotto alla cessione di qualche giocatore importante.

Di qui, o anche per questo, il nuovo caso Donnarumma - mal gestito sotto diversi profili - e la sensazione che squadra e club pensino di giocarsi il jolly, l'ultimo rimasto, in Europa League. D'altronde è l'unico modo possibile per riattaccarsi al treno Champions. Ma, anche, è quanto di più irreale si possa immaginare in questo momento (due vittorie, un pareggio e due sconfitte con 7 gol fatti e 8 subiti nelle ultime cinque gare tra campionato e coppa con squadre di bassa classifica). Siamo, di nuovo, nel campo della fantascienza. Di mondi lontani che non si toccano e nemmeno si sfiorano. A meno che, da qui a fine anno, derby di Coppa Italia compreso, la navicella rossonera non torni a viaggiare a tutta velocità.

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