Meccanismi, personalità, gioco: De Boer e Inter, manca ancora tanto

Il Southampton ha evidenziato problemi tattici, strutturali e di concetto

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Ok i tre punti, ok la vittoria, ok la reazione della squadra, unita e compatta anche dopo l'inferiorità numerica. Però. Ci sono tanti, troppi, però che pendono sulla testa di De Boer. E che non fanno dormire sonni tranquilli né al tecnico olandese né ai tifosi nerazzurri. L'Inter che l'allenatore ha in testa è lontana anni luce da quella che si esprime sul campo. E i fattori sono tanti: la condizione fisica, la mancanza di un'idea di gioco, poca convinzione. E un impianto tattico tutto da costruire.

Prendiamo il primo tempo, con due 4-3-3 a confronto. Puel ha dato una piccola, grande, lezione di tattica a De Boer. Piccola premessa: il francese è alla guida dei Saints dal 30 giugno 2016, De Boer è subentrato a Mancini a metà agosto. Con una differenza, quindi, fondamentale: la preparazione atletica e quindi la condizione fisica. Che sembra essere uno dei grandi peccati originali di questa Inter. Che forse si ripercuote in maniera evidente anche sull'approccio tattico alla gara.

Ma c'è molto di più del solo ritardo di condizione. Ci sono meccanismi non tradotti sul campo e dubitiamo che si tratti semplicemente di difetti di comunicazione tra tecnico e giocatori. Il primo tempo di giovedì sera, dicevamo. Il Southampton ha letteralmente impartito una lezione tattica ai nerazzurri con semplici ma efficaci mosse. Rodate. Terzini alti, altissimi. Martina giocava da ala aggiunta, saliva oltre la metà campo già prima del rilancio del portiere. I tre dell'attacco inglese si stringevano, mentre il mediano (Romeu) si abbassava nella linea di difesa che diventava a tre. Con Martina così alto, l'Inter andava in tilt. Santon non aveva indicazioni se chiudere lui sull'esterno o se stare stretto per non lasciare i compagni a giocarsi un tre contro tre con le punte. Brozovic ed Eder venivano presi in mezzo: vado io o vai tu? Tante volte non andava nessuno. Colpa di chi, vien da chiedersi?

Poi la fase di possesso. Lenta, orizzontale. Con i terzini bloccati. Una scelta, ha spiegato De Boer: non voleva pressare alto per non esporre la difesa ai contropiedi, che in effetti hanno fatto male dall'inizio della stagione. Però manca davvero l'idea di squadra e di gioco, e a volte manca anche la personalità. Il gol è venuto dall'unica iniziativa individuale di Santon, quando gli è stata concessa una delle poche sortite offensive. Indicativi due episodi, perfettamente identici, nella ripresa. Durante la costruzione di gioco nerazzurra, coi terzini bloccati, Nagatomo ha iniziato a correre per proporsi sulla fascia destra, per poi fermarsi, in corsa, a guardare la panchina, chiedendo a De Boer: "Devo andare in avanti o no?". Situazioni che fanno intendere che il lavoro del tecnico olandese è lungo, lunghissimo, da arrivare anche solo ad un primo step.

In tutto questo si è speso da capitano Mauro Icardi. In una partita in cui non ha avuto praticamente palloni giocabili ha fatto a sportellate, ha ripiegato in difesa e nel finale ha letteralmente preso in mano la squadra dal punto di vista del carisma: ha inveito con la panchina che tardava per il cambio di Eder, chiedendo che venisse accelerato. Ha spronato tutti, con gesti, urla e azioni, a difendere. Ha più volte sollecitato Gnoukouri a non mollare. Un piccolo grande segnale in una serata nella quale Handanovic ha puntellato un'Inter davvero traballante. Che avrà bisogno di tempo, quello chiest da De Boer, per migliorare. Ma il tempo stringe, e il gioco latita. E l'Atalanta incombe: una squadra come quella di Gasperini rischia di mettere di nuovo in difficoltà il tecnico olandese. 

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