Il Genoa scappa dalla contestazione

I rossoblu si sono messi in viaggio per la Lombardia con largo anticipo per evitare la contestazione degli ultrà. Preziosi: "Il mio ciclo è finito"

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Tempi duri per il Grifone. Il Genoa è letteralmente scappato dai suoi tifosi per evitare la dura contestazione da parte dei sostenitori rossoblu. La squadra è partita in mattinata per raggiungere una località segreta vicino Milano in modo da sfuggire al confronto con gli ultrà che avevano in programma di radunarsi a Pegli nel primo pomeriggio. Sabato sera è in programma la sfida con il Milan e il club ha preferito lasciare il centro sportivo. 

La stagione piuttosto deludente del Genoa ha messo, come testualmente scritto da loro, a dura prova la pazienza dei tifosi. Che avevano programmato, e annunciato tramite un comunicato ufficiale della Gradinata Nord, un ritrovo nel centro sportivo di Pegli per contestare la squadra e cercare un confronto con i giocatori. Ma il presidente Preziosi ha preferito evitare tutto ciò ai suoi ragazzi e così il pullman genoano è partito alla volta della Lombardia per raggiungere una destinazione che non è stata resa nota. Al centro Sportivo sono rimasti una trentina di agenti delle forze dell'ordine e due camionette della Polizia per tenere sotto stretta osservazione l'evolversi della vicenda. 

Proprio il patron Enrico Preziosi ha parlato a TeleNord della crisi della squadra e delle contestazioni ricevute: "Quando il Genoa vince è la squadra dei tifosi, quando il Genoa perde è la squadra di Preziosi. Non ho mai contestato le loro posizioni, sono liberi di farlo però questa è assurda. Sono per il confronto, affronto volentieri tutti. Faccio quello che posso e riconosco che non è sufficiente: però è sbagliato distruggere dieci anni di lavoro a Genova". Preziosi ha ribadito il suo impegno e fatto una precisa richiesta: "Fino a quando non saremo matematicamente salvi chiedo alla tifoseria di stare vicina alla squadra, aiutate i ragazzi; prendetevela con me. Il giorno dopo farò una conferenza stampa dove spiegherò in tutta onestà la reale situazione economica del Genoa. Non ho perso entusiasmo, mi darò ancora da fare ma datemi il tempo". Preziosi ha inoltre annunciato la sua intenzione di lasciare: "Se si farà avanti un compratore serio non gli farò nemmeno un prezzoIo non sono il problema: sono a disposizione di qualsiasi advisor. Io e i miei collaboratori abbiamo commesso degli errori, in assoluta buona fede. Stiamo cercando di venirne fuori" aggiungendo poi l'intenzione di rientrare a Milano dopo aver letto il comunicato degli ultrà. "La crisi? Non ho mai preso un punto di penalizzazione per ritardi di pagamenti degli stipendi: lo riconosco, il mio ciclo è finito ma ugualmente faccio di tutto per il Genoa" ha concluso Preziosi. 

A scatenare l'ira dei tifosi, i risultati negativi della squadra di Mandorlini, 16° in classifica, e soprattutto la sconfitta rimediata nel derby contro la Samp (dopo che in questa stagione il Genoa aveva perso anche la stracittadina dell'andata). La stagione non è a rischio perché il Grifone viaggia a 14 punti di distanza dalla zona retrocessione ma di certo i numeri sono pessimi e in un campionato più competitivo probabilmente i 29 punti accumulati avrebbero messo in discussione la permanenza in Serie A. 

Attraverso il sito ufficiale del club, Enrico Preziosi ha scritto una lunga lettera a cuore aperto a tifosi e futuri investitori. "Sono orgoglioso. Orgoglioso di quello che abbiamo costruito in questi anni con il Genoa, orgoglioso di essere ripartito dopo momenti difficili, di aver garantito alla squadra più antica del calcio italiano la posizione che merita, un traguardo difficile da raggiungere nel calcio moderno. Sono orgoglioso, perché ce l'abbiamo fatta, perché sono già 10 anni che il Genoa è dove merita di essere, in serie A: questa è già la decima stagione, un record assoluto dal Dopoguerra a oggi. Non è stato facile, per me è stato sicuramente impegnativo, dal punto di visto economico, per gli investimenti fatti, per le energie spese, per le difficoltà che ho dovuto affrontare. L'ho fatto perché rispetto il Genoa. L'ho sempre rispettato, da quando lo acquistai mettendo sul tavolo molti milioni in garanzia. Erano numeri che potevano sembrare sproporzionati per una squadra finita in serie C, a un passo dal fallimento. Non lo erano, perché il Genoa meritava un'altra storia. E in questi anni una nuova storia è stata scritta. Ho aperto un ciclo, nessuno c'era riuscito, mai dal Dopoguerra, neppure quando la città era un centro strategico dell'economia italiana ed europea, quando Genova “tirava”, le sue industrie e il suo porto erano uno dei tre vertici del triangolo industriale, ma la sua squadra languiva in serie B o finiva in C. Mi sono sempre chiesto perché nessun genovese facoltoso volesse investire in questa meravigliosa squadra, se lo chiedano anche quei tifosi che oggi contestano quanto abbiamo fatto: credo che la risposta sia facile soprattutto leggendo quanto sta accadendo oggi. Dieci anni, sono un ciclo di soddisfazioni sportive, per i genoani, per Genova e per me che genovese non sono. Tutto grazie a un progetto. Siamo arrivati al quarto posto in serie A, ma non ci siamo fermati, abbiamo continuato a lavorare e lottare, senza mai tornare in serie B, come purtroppo era accaduto anche in un passato non troppo lontano. Questo ha significato e significa investire e progettare. Così il Genoa è diventato parte della mia famiglia. E io non potrò mai accettare che la mia famiglia venga attaccata in maniera incivile. Per questo ho deciso che la squadra (contrariamente alla volontà del tecnico e dei giocatori) lasciasse Pegli per preparare con serenità la prossima delicatissima sfida. Queste sono le mie scelte, perché io credo fortemente che nessuno abbia il diritto di cambiare la vita delle persone con l'intimidazione. Non mi sono mai fatto intimidire, non lo farò. Non scappo, non è nel mio DNA, non l'ho mai fatto, accetto il confronto e nel farlo ribadisco la realtà delle cose. Dieci anni di serie A rappresentano un ciclo unico e io non voglio che questo meraviglioso lavoro venga gettato via. Non lo voglio per il Genoa, per i tifosi, per Genova, per tutte le persone che credono in questa squadra. Ho chiesto, anche nell'ultima apparizione televisiva fatta, la possibilità di avere un confronto diretto con i genoani. Detesto i monologhi e la televisione che mi ha ospitato aveva esteso l'invito anche a chi contesta quanto sto facendo. Ma l'invito è stato rifiutato. Vorrei ancora confrontarmi, ascoltare e spiegare la realtà delle cose. Sono aperto al dialogo, ma non mi farò mai imporre da altri decisioni che devo giustamente assumere in prima persona. Ora chi ritiene che io debba lasciare il Genoa faccia uno sforzo, costruttivo: proponga un nome concreto, un investitore che dimostri di avere la forza necessaria per aprire un nuovo ciclo. Si faccia avanti chiunque possa davvero raggiungere quello che è stato raggiunto, e magari sia capace di fare ancora meglio. Ribadisco che sono determinato a vendere il Genoa, sono pronto a incaricare un advisor non appena anche quest'anno la salvezza sarà raggiunta matematicamente. Sono pronto a cedere il Genoa, non a disfarmene. Ed è dunque non solo inutile, ma anche dannosa, qualsiasi ulteriore forma di contestazione. Non voglio disfare un lavoro che ha garantito già dieci anni in serie A, che ha permesso di far crescere nel settore giovanile campioni come Criscito e di vedere con la maglia rossoblù altri campioni come Milito, Thiago Motta, Palacio, Perotti, Iago Falque, solo per citarne alcuni. Li abbiamo fatti crescere, portati in Italia, lanciati o ricostruiti. Abbiamo garantito un futuro, questa è la mia idea di Genoa. Ed è l'idea di molti tifosi rossoblù, spero venga accettata da chi la pensa in modo diverso. E' così che si spacca la tifoseria, non accettando le idee degli altri e volendo imporre le proprie. Sono divisioni che non solo non auspico, ma che trovo controproducenti per il futuro del Genoa".

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