Mou, ecco l'esempio: la non violenza del derby degli altri

Il portoghese parla con un tifoso dell'Arsenal durante la partita: senza tensioni, senza barriere, con civiltà

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C'è una distanza che ci misura e misura la nostra distanza dal mondo pallone. Si vede bene nella foto qui accanto. Una foto scattata ieri all'Emirates durante il derby tra Arsenal e Chelsea. La distanza è un metro appena, forse meno. Si vede José Mourinho appoggiato a una balaustra bassa e dall'altra parte, braccia conserte e sguardo divertito, un tifoso dell'Arsenal. Fanno la cosa più normale del mondo nel modo più normale del mondo. Parlano. Durante la partita - ma questo è quasi un dettaglio -, senza tensioni, senza barriere, mentre altri tifosi, sempre dei Gunners, se la ridono. Un metro, anche meno, nessuna barriera, nessuna tensione. Lo ripetiamo perché sia chiaro che non è una banalità. E' solo il risultato di un lavoro, lungo e difficile, per restituire civiltà a un tifo, quello inglese, che civile non lo era per niente.

La distanza è chilometrica - 1230 km circa - e di cultura. Tra Londra e Torino, in questo senso, un abisso. La chiacchierata dell'Emirates è andata in scena alle 17 circa. Un paio d'ore prima, in un altro derby, in un'altra città, in un altro Paese - il nostro ahnoi - succedeva di tutto. Succedeva quel che ormai tutti sanno, che veniva prima assaltato il pullman della Juve e veniva quindi lanciata una bomba carta sugli spalti durante Torino-Juve. In uno stadio che è uno stadio dei nostri: vecchio, innanzitutto, blindato - o almeno questo sarebbe l'auspicio perché alla fine entra davvero tutto nei nostri impianti -, con protezioni alte così e il campo lontano dagli spalti. Altra distanza, distanza che divide. Il tifoso dal pallone, il nostro mondo da quello degli altri.

Senza entrare nel merito di leggi che ci sono e non vengono fatte rispettare - gli inglesi, in questo, sono stati inflessibili almeno per quanto accade all'interno dello stadio -, resta il dubbio su chi debba compiere il primo passo verso la civiltà. Togliere le barriere all'interno degli impianti è un rischio, ma è anche un invito a diventare responsabili. E' come dire che ci possiamo fidare, ma che poi la fiducia va meritata. E' un dibattito complesso che merita forse di approdare a decisioni difficili. Perché c'è una distanza che ci misura e misura la distanza tra il nostro mondo pallone e quello degli altri. Dobbiamo scegliere noi se la distanza si può ridurre al metro che divide Mourinho dal tifoso dell'Arsenal o se, al contrario, dobbiamo allungare ulteriormente i 1230 chilometri tra Londra e Torino. Là sorridono, qui non smettiamo mai d'interrogarci senza avere risposte.

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