Renato Portaluppi e la "bella vita" del Pube de oro a Roma. Massaro: "Non fui io, ma quel cazzotto a Bergamo..."

Latin lover con più di 1000 donne, oggi Portaluppi è un idolo in Brasile dopo la vittoria della Libertadores. Ma ai tempi della Roma...

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Chi l'avrebbe mai detto che Renato Portaluppi, il mitico Pube de Oro delle notti romane, il brasiliano da più di 1000 donne della bella vita capitolina, sarebbe diventato l'allenatore più stimato, ricercato e osannato del Sudamerica? Chi avrebbe mai immaginato che quello sciupafemmine, amante delle comodità, indolente, svogliato e pigro, dotato di un grandissimo talento ma non di una altrettanto grande voglia di lavorare e faticare, sarebbe divenuto il primo a vincere da giocatore e allenatore la Coppa Libertadores? Certamente non quelli che con lui condivisero la sua tragicomica o quasi esperienza alla Roma nella stagione 1988/89, iniziata con lo sbarco a Trigoria in elicottero e chiusa con un sentito accompagnamento all'aeroporto di Fiumicino, con un biglietto di sola andata per Rio de Janeiro.

In Brasile, dopo aver condotto al successo il suo Gremio contro gli argentini del Lanus, Portaluppi è oggi un idolo, indiscusso esempio di preparazione e profesisonalità: "Che fosse dotato di un grandissimo talento era evidente e lo sapevamo tutti - racconta a Sportmediaset.it Daniele Massaro, che in in quella Roma giocò in prestito dal Milan - e gli bastavano cinque minuti in allenamento per dimostrarlo. Ma...". Ma, appunto, per cinque minuti e in allenamento: "La prima volta che lo incontrai fu in ritiro a Montecatini. E andò così. Finiamo l'allenamento, ci sediamo a tavola e ordiniamo tutti spaghetti. Lui no, lui chiede pasta corta! Io lo guardo stupito, gli chiedo perché e mi risponde che gli costa fatica arrotolarli!". Ecco, anche a tavola evidentemente il bel Renato non amava faticare.

E in campo, in partita, andava di conseguenza. Roma significava bella vita, Trigoria invece fatica. Ci arrivava tardi e se poteva se ne andava presto. Con lui, quell'anno, sbarcò nella Capitale anche il connazionale Andrade: due brasiliani per una squdra, si diceva, da scudetto. Una squadra che Massaro raggiunse in prestito, col beneplacito del presidente del Milan Berlusconi, con il biglietto di ritorno per Milanello però già pronto per la stagione successiva. E proprio per questo, Massaro divenne il protagonista, suo malgrado, della famosa rissa di Bergamo: "Non fui io, ma visto che tutti sapevano che me ne sarei andato ne diventai il protagonista. Pareggiammo con l'Atalanta, 2-2 nel finale, con il gol preso proprio nel finale per una palla persa da Portaluppi. Al rientro negli spogliatoi ci fu il finimondo. Tutti arrabbiati, persino l'allenatore (Liedholm, ndr) disse a Renato che aveva sbagliato. Poi a un certo punto partì un bel cazzotto, dritto dritto in faccia: ma non fui io".

Per Portaluppi furono 23 partite in serie A, senza gol. Tre reti invece in Coppa Italia, una in Uefa contro il Norimberga. Troppo poco, tanta saudade, ancor più donne e champagne. E a fine stagione il foglio di via: "Evidentemente è maturato" conclude Massaro. Evidentemente ha trovato quella serietà e quella professionalità che allora gli mancavano". E ora è un esempio, oltreché un idolo. Non più solo a letto ma anche in campo.

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