Mihajlovic-Mancini 2-0. L'estate alla cinese dice questo: nella sostanza e per i meriti acquisiti. Dice che l'allievo supera il maestro, che il derby è doppiamente rossonero, dopo l'1-0 firmato Mexes e l'indiretto duello dinanzi ai Blancos del Real di Rafa Benitez. Dice che il lavoro di Mihajlovic ha già un punto d'approdo come compattezza e intensità, e che quello di Mancio vede un'Inter ancora vittima dei malanni che si trascina: da un pezzo. Se non per il derby diretto, perlomeno con quello a distanza col Real: l'Inter ha meritato di perdere; il Milan ha fatto pari nel 90 minuti e avrebbe meritato (quasi) di vincere.
Ovvio, non è una sentenza. E' qualche indizio che si sparge, dinanzi a un mercato ancora lungo e ricco, a squadre rifondate. E la rifondazione nel cuore del Milan, al di là dei nomi che verranno, è qualcosa di evidente seguendo la linea di Mihajlovic, delle sue squadre recenti (vedi Sampdoria, soprattutto), della sua vocazione a un gioco ordinato e veemente, per dire "cattivo": era quello che il mondo-Milan chiedeva e si augurava, dopo la stagione di Pippo Inzaghi e i due semestri dell'ultimo Allegri e di Seedorf. Era un Milan che non si capiva, e non si faceva comprendere. Buon segno. In attesa di Ibra e di quel che sarà.
Dell'Inter restano le tracce cinesi che già conosciamo, nulla si è aggiunto dallo 0-3 col Real: due giorni di riposo, la prossima tappa che sarà il Galatasaray, l'arrivo di Jovetic, quello (questione di ore) di Felipe Melo, il reintegro di Miranda che è una delle facce nuove. E il molto che serve per seguire il senso di fiducia che Mancini provvede a spargere, saremo pronti per l'inizio del campionato. Questo si è visto e si è detto, rimane la traccia del doppio confronto con l'amico Mihajlovic verso un derby già giocato e aspettando quello del 13 settembre, terza di campionato. Un derby vero.