La sua ultima esperienza in panchina risale al 2014 con il Sassuolo, ma Alberto Malesani si sente ancora un allenatore a tutti gli effetti: "Il calcio mi manca, è stato la mia vita e dentro ora ho un vuoto, ma a quanto sembra io al calcio manco poco - confessa al Corriere dello Sport -. E' caduta la stima nei miei confronti, qualcuno mi ritiene a fine corsa e ha voluto che la mia carriera finisse, ma le colpe principali sono le mie. E poi aggiungo che i social mi hanno rovinato".
SUI MOTIVI PER CUI E' FUORI DAL CALCIO
"Dall'analisi che mi sono fatto credo di aver sempre lavorato bene, con spunti avveniristici e con idee innovative e non quelle trite e ritrite delle quali sento sempre parlare. Vede, il calcio è una ricerca quotidiana e magari non avendolo saputo spiegare sono finito per diventare famoso per quelle cazzate sui social. Se mi sono venduto male o non sono stato capito? Non è che non mi senta capito, ma le confesso che pensavo di finire meglio la mia carriera. Le dico di più: pensavo di meritare di finirla meglio. Probabilmente ho grosse colpe io per le scelte sbagliate che ho fatto, avrei dovuto farne altre". Poi il tecnico prosegue: "Io sono tra quelli che non volevano chiudere, sarei un bugiardo se dicessi il contrario. Le faccio una confessione: per curiosità, volendo dare una spiegazione anche a me stesso, ho fatto per la prima volta dei sondaggi per capire perché nessuno mi chiama più ed è emerso che è caduta la stima nei miei confronti, che qualcuno mi ritiene a fine corsa o che ha voluto che la mia carriera finisse. Chi può averlo voluto? No, non ho nomi e cognomi da fare. Le colpe principali sono le mie, il mio sistema di lavoro non è adatto a esperienze brevi, il mio modo di fare e insegnare calcio ha bisogno di più tempo, ma dopo averle detto questo aggiungo che i social mi hanno rovinato".
SUI SOCIAL
"Sono stato giudicato per le immagini e non per il lavoro che ho fatto sul campo come avrebbe dovuto essere, le mie esternazioni, le mie espressioni, il mio modo di essere persona e di evidenziare la passione per il calcio sono stati ripresi dai social e di conseguenza sono stato deriso e sbeffeggiato. Non ci sono altri motivi. Questa è solo una convinzione? Me la dia lei allora un'altra spiegazione. Perché è come se il calcio si fosse dimenticato di me, cosa ho fatto di male?".
SUL RUOLO DELL'ALLENATORE
"La gestione è una delle componenti principali del calcio, se uno non sa gestire lo spogliatoio non può fare l'allenatore. A me danno tremendamente fastidio gli scimmiottatori. Va di moda il calcio di Guardiola? Bene, si fa di tutto per scopiazzarlo. Ma è un errore, perché ognuno deve esprimere se stesso, rispettare i valori tecnici e tattici dei propri giocatori. Tu puoi girarla come vuoi, ma se non hai qualità dove vuoi andare. I guru nel calcio non esistono. Ora sento parlare di tiki taka, di calcio circostazionale, di come si devono allenare i calciatori. E' tutto sbagliato, mi viene da sorridere, perché gli allenatori devono pensare invece a come allenarsi. Come devono allenarsi? Devono crearsi anche loro un menù e una didattica da seguire quotidianamente. Il loro futuro sarà questo. E sentendomi ancora più un allenatore, parlo anche per me. Anche se io su questo menù e sulla didattica ho cominciato a lavorare da tempo".
SUGLI OPINIONISTI
"Mi hanno chiamato in tanti a fare l'opinionista, ma dopo tre volte che ci sono andato ho detto basta, perché non ce la faccio a criticare gli allenatori, magari non sapendo come lavorano e in quale realtà lavorano. Per come intendo io il calcio la figura dell'opinionista mi sembra una contraddizione".
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