Il calcio di Guardiola, che viene da Sacchi e da... Marte

Bruno Longhi racconta i 90 minuti di Arrigo con Pep (e Luis Enrique) di 17 anni fa. E cos'è oggi Guardiola: non ha prezzo

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Ricordo quando, tra le 13 e le 14,30 di quel 29 settembre 1999, Pep Guardiola e Luis Enrique costrinsero Arrigo Sacchi a spiegare loro la sua filosofia di calcio, le sue idee innovative, chiedendogli anche come fosse riuscito a trasformare in Italia una mentalità da sempre basata sul “primo non prenderle.”

Si era nella hall dell'hotel Juan Carlos dove il Barcellona era in ritiro in attesa di affrontare di li a poche ore in una gara del girone di Champions la Fiorentina del Trap. Loro, i due blaugrana, stavano per guadagnare la camera per il riposino pomeridiano. Sacchi, che alla sera avrebbe commentato il match, era appena arrivato in taxi dall'aeroporto. Non aveva ancora pranzato, doveva fare il check-in, e aveva al suo fianco il telecronista, io, che lo “pressava”: guarda che non ci danno più da mangiare. Niente. 90 minuti circa di colloquio fitto, con quei due che si abbeveravano alla fonte del sapere.
Un momento di una trasferta, comunque sia, indimenticabile, perché quei due ex giocatori ora sono il presente e il futuro del calcio sulla rispettive panchine. E nel caso di Pep Guardiola anche un pizzico di passato .E proprio pensando all'attuale tecnico del Bayern, dopo averne ammirato allo Stadium quell'incredibile ora di calcio venuto da Marte o da qualche sconosciuta galassia, è normale domandarsi come possa lui fare ciò che a nessun altro riesce: trasformare una squadra in una macchina da gioco, come se i suoi giocatori non avessero due gambe, due piedi, due polmoni, un cuore, una testa come quelli delle altre.

Siamo di fronte a qualcosa di miracoloso: perché se ai tempi del Barca dove aveva messo insieme 14 trofei in 4 anni, c'erano i vari Messi, Xavi e Iniesta, a Monaco quei 3 non ci sonp. Ci sono altri ottimi elementi che però non arrivano dalla cantera blaugrana, quella che ti insegna fin da bambino il tiki-taka. Ma non fa niente: se c'è il Pep in panchina, la squadra è padrona del campo, tecnicamente, mentalmente, tatticamente.
E sarà così, senza alcun dubbio, anche quando guiderà il Manchester City. Di fronte ad uno così che vince nel presente e vive nel futuro, bisogna togliersi il cappello. In Inghilterra sarà anche strapagato, ma il Pep, più speciale di ogni Special-one,giustifica ogni cifra, anche la più assurda. Perchè non è solo il migliore. E' unico, inimitabile, inarrivabile.