Dopo il 2-1 alla Juve, il diluvio. De Boer può salvarsi, a patto che...

I tormenti dell'Inter e l'interrogativo-panchina che, fatalmente, si deve affrontare. Due nomi: Mandorlini e Capello

  • A
  • A
  • A

Serve cambiare? La domanda, a casa-Inter, sarebbe persino impertinente. Ma come? Esonerato Mancini, a inizio agosto, per fare posto a De Boer; e adesso la pretesa che anche l'olandese, dopo due mesi e mezzo soltanto, lasci la scena per fare spazio a... A chi? Ieri si parlava di Rudy Garcia, oggi vedremo l'identikit di qualcun altro, oltre l'orizzonte di stagione c'è Diego Simeone, scontato (scontato?) approdo del futuro interista. La prossima estate.
I nomi? Circolano. E Bruno Longhi ha spiegato le suggestioni di queste ore. Ovvero, individuare un tecnico nel caso gli eventi dovessero precipitare. Si parla di Andrea Mandorlini, cuore nerazzurro: nei panni di eventuale (ribadiamo: eventuale) traghettatore fino a Simeone. E di Fabio Capello, tentazione forte e non nuova: ma don Fabio è da mesi che spiega come la sua scelta di non sedersi in panchhina sia, di questi tempi, una scelta di vita.

E così l'Inter dalla triplice anima si interroga, inquieta quanto basta su questo tema: proseguire con De Boer comunque vada; o imporsi un termine, anche di brevissimo termine (due-tre partite), per pensare ad altro?

Le tre anime. Quella di Massimo Moratti, che non è più padrone e nemmeno presidente, ma è palese che sia lui ancora l'anima di quest'Inter, il personaggio cui si rivolgono Thohir e Zhang per capire, e anche Zanetti e Ausilio per i consigli dopo il disastro di domenica a San Siro attorno al caso-Icardi. Sul piano tecnico, Moratti ad agosto non avrebbe compiuto il passo del cambio di panchina.
L'anim di Erick Thohir, che a metà novembre festeggia il suo triennio interista senza aver lasciato un segno, perlomeno senza aver lasciato quell'eredità vincente che era nei suoi intenti, e che ha fortemente voluto De Boer, e lo vorrà difendere fino a prova contraria.
E infine l'anima del gruppo Suning: ha risanato la casse e dato respiro (futuro) all'Inter, ma ora ci vuole altro -in senso gestionale- perché le risorse economiche alimentino le qualità sportive, agonistiche e tecniche della squadra.  Sul conto di De Boer non è noto cosa pensino gli imperturbabili cinesi: evidentemente, i risultati contano.

E qui, appunto, l'interrogativo-panchina diviso fra queste tre anime e la speranza di una svolta positiva, fra Southampthon e Atalanta, in quest'Inter all'olandese che su 10 partite ne ha perse 5 e vinte soltanto 3, una delle quali è il massimo della vita (2-1 alla Juve), ma le sconfitte con Cagliari, Chievo, Hapoel, Sparta Praga, e l'1-1 con Palermo e Bologna sono sintomi di depressione evidente. Lo scenario, strettamente numerico, è questo.
Le qualità di gioco e squadra sono quelle che sono, ma fra la qualità e i risultati c'è poco da scegliere, visto che da quando calcio è calcio contano i punti, la classifica e l'impazienza di avere tutto (molto) e subito. De Boer chiede tempo, e quel tempo è risaputo che gli vada concesso. A patto che il declino di rendimento dell'Inter dopo il 2-1 alla Juve (1 vittoria, 1 pareggio e 3 sconfitte) finisca qui, senza altre batoste che porterebbero l'Inter fuori dall'Europa League e formalmente anche fuori dalla prospettiva di lotta per la Champions 2017-18. De Boer questo lo sa, e proclamando la fiducia nella squadra e in se stesso, dice che occorre tempo per diventare grandi, ma non c'è tempo per cambiare rotta. Bisogna farlo subito.

Leggi Anche

Commenta Disclaimer

I vostri messaggi 0 commenti