Dal Lanerossi ai Palloni d'oro fino all'Aic: il Vicenza ha fatto scuola

Vicenza-Calcio, una storia di campioni e di rivoluzioni calcistiche passate sotto i colori biancorossi. Da Rossi-Baggio al Tribunale: cosa sarà

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Paolo Rossi e Roberto Baggio, Palloni d'oro di un Vicenza-Calcio che rischia l'estinzione. Basta così per capire dove ci stiamo infilando, il gelo delle aule di un Tribunale e la magica solennità di due fra i massimi fenomeni dello sport che hanno vestito la maglia del "Lanerossi". Talento esagerato e fragilità quanto basta, quasi a voler scrivere loro -nella loro stupefacente carriera- la parabola del club biancorosso, un lusso di provincia, che ha accarezzato le vette della Serie A (una volta secondo), di una Coppa Italia (vinta), di una Coppa delle Coppe (semifinale), ha istruito e "prodotto" grandi calciatori, celebri presidenti, dirigenti e maestri allenatori e ha pure messo a soqquadro le leggi del calcio-mercato, ai tempi di Rossi non ancora Pablito.

Chi conta di più? Rossi arriva prima, ma Baggio "é" il Vicenza, nasce a Caldogno -periferia- e in biancorosso comincia a dare calci a un pallone, a sentirsi preso a calci dalla malasorte (due gravi infortuni) per spiccare il volo che lo porterà dove sappiamo: Fiorentina, Juve, Milan, Inter altro ancora, tre Mondiali che fa ancora male pensarci, pensarci di non averne vinto almeno uno, Italia '90 oppure Usa '94.
Rossi a Vicenza arrivò dalla Torino bianconera, con una sponda lariana (Como) e destinato a tornarci, alla Juve. E nel miglior Vicenza di sempre (forse, o senza forse), allenato da GB Fabbri -uno dei totem della panchina-  arrivare secondi in Serie A dietro la Juve (1978) faceva un effetto da un impazzire. Come impazzì il mercato, in quell'estate, per via della valutazione che Giussy Farina (presidente del club, poi arrivò al Milan)) dette di Rossi andando alle buste con la Juventus: 2 miliardi e 216 milioni di lire (oggi 1 milione e 200 mila euro). Uno scandalo talmente scandalo da portare alle dimissioni Franco Carraro, all'epoca presidente della Federcalcio. Inimmaginabile commentarlo oggi.

Sergio Campana, poi. L'avvocato-calciatore-presidente: geometrico attaccante, 15 stagioni vicentine per aprirsi poi le porte di rappresentante di tutti i calciatori italiani: da padre fondatore dell'Assocalciatori nel '68, con la carica di presidente che ha mantenuto per 43 anni fino al 2011. Le sue grandi battaglie legali a difesa della categoria, e dei suoi esponenti meno noti e meno ricchi, è quel che ha lasciato al suo successore, Damiano Tommasi.

Il Vicenza è questo e molto altro. Questi sono i suoi picchi di celebrità, cui associamo anche il Vicenza di Guidolin di fine anni Novanta, capace di conquistare la Coppa Italia, di arrivare a un passo dalla Coppa delle Coppe, semifinale persa di un niente col Chelsea di Gianluca Vialli, c'erano il Toro di Sora Luiso, il giovane Massimo Ambrosini, il giocatore/allenatore Mimmo Di Carlo, il talento di Zauli. 

Nella Wall of Fame che a Vicenza, tempo fa, hanno elaborato con un sondaggio cittadino -e non solo- hanno trovato spazio i Magnifici Dieci.  oltre a quelli citati, vale la pena citarli: Romeo Menti, cui è dedicato lo stadio; Giulio Savoini, record di presenze (317), Giorgio Carrera, difensore dell'epoca Pablito; Toto Rondon, fiuto del gol; Marcelo Otero, unico straniero a far parte degli eletti autore di 4 gol nella gara d'esordio l'8 settembre 1996 a Firenze; e Giovanni Lopez.
Sono 116 anni di storia, di una storia che di banale ha avuto poco. Compreso il nome che fu, Lanerossi Vicenza, sponsorizzazione ante litteram, allora si parlava di abbinamento. Tant'è.

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