Diabaté, il gigante buono del Benevento: media gol da fenomeno

Sei presenze in A, 7 gol e una rete ogni 40 minuti: storia del maliano che in Francia esaltò il Bordeaux

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Si può essere alti 194 centimetri ed essere in grado, magari con un 45 di piede, di confezionare cucchiai al bacio, tocchi raffinati, nonostante un'andatura un po' così, dinoccolata, alla Peter Crouch, per intenderci. Si può eccome. Ce lo sta dimostrando, domenica dopo domenica, Cheick Diabaté, il gigante buono che sta dando un senso a questo finale di stagione del Benevento.

I numeri sono esaltanti e unici, per l'attaccante maliano classe '88 arrivato in Italia a gennaio. Sei presenze in Serie A, 284 minuti giocati e 7 gol realizzati, in pratica uno ogni 40 minuti. Sembrava la classica mossa disperata del mercato di gennaio, quando il presidente del Benevento Vigorito ha deciso di dare a De Zerbi nuove pedine, più o meno rodate, per almeno tentare la disperata rincorsa alla salvezza. E allora sotto con gli ingaggi vintage Sagna e coi nomi esotici: Billong, Guilherme e appunto Diabaté.

Chi avrebbe mai pensato che il gigante venuto dal Mali e arrivato dall'Osmanlispor (in prestito, con diritto di riscatto che molto probabilmente verrà esercitato) avrebbe avuto questo impatto. In Turchia, infatti, Diabaté sembrava essersi dimenticato la cosa che sa fare meglio: pochissime parole, tanti gol. Zero, in Turchia. Tantissimi, in Francia.

Perché, attenzione, Diabaté non è una meteora né un carneade. Basta vedere il suo score in Ligue1: dal 2010 al 2016 ha giocato nel Bordeaux, segnando 50 gol su 127 presenze in campionato, con un totale di 66 reti, tra cui le due in finale che diedero ai girondini la Coppa di Francia. Anche al Metz, tra gennaio e giugno del 2017, Diabaté ebbe l'impatto in stile Benevento: 14 presenze, 8 gol e salvezza in tasca.

Diabaté è così: alto, imponente, tecnico. Già dai primi allenamenti sorprese i compagni: come fa, questo lungagnone, ad essere così tecnico ed efficace? Chiedere anche alla Juve, ad esempio, alla quale ha rifilato una doppietta. E il bello che quello meno sorpreso da tutto questo è proprio Cheick. Lui, che nella vita ha vissuto momenti difficilissimi, non si è mai abbattuto: né per i gol sbagliati, né per i fischi. Si porta dietro, dalla sua infanzia in Mali, la perdita della mamma e del migliore amico, quando aveva solo 13 anni. Poi del papà e di un fratello. Sbarcato in Francia 18enne si portò dietro una timidezza interiore e la diffidenza di tutti, dai tifosi agli allenatori. Poi Diabaté ha iniziato a parlare con i gol, tantissimi. E Benevento si è già innamorato di questo gigante buono, che non conosceva nemmeno cosa fosse la festa di San Valentino ma che è in grado di rispondere a riguardo: "Io sono innamorato del calcio e la festa la faccio ogni volta che scendo in campo".

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