Tavecchio in Figc: 3 anni spericolati tra gaffe, riforme e il k.o. Mondiale

Da capo dei dilettanti a capo del calcio italiano, ma alla fine si è arreso alla sconfitta più cocente

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Una vita legata al mondo dei Dilettanti, di cui è stato presidente dal 1999 al 2014; poi la presidenza della Figc, con l'elezione dell'11 agosto 2014, fino alle dimissioni di oggi, lunedì 20 novembre: la parabola di Carlo Tavecchio ha toccato il punto più basso dopo tre anni alla guida del calcio italiano, a sua volta "capace" di toccare il punto più basso della sua storia con la mancata partecipazione ai Mondiali di Russia 2018 dopo la débâcle nello spareggio con la modesta Svezia.

Per la precisione 39 mesi vissuti pericolosamente, tra gaffes, riforme (alcune mancate), un buon europeo e uno storica sconfitta. Le dimissioni "obbligate" dopo che alcuni dei suoi più stretti collaboratori gli avevano indicato la via della "resa" per uscire dal momento più buio della sua gestione.

Le gaffe, innanzitutto. In principio fu lo scivolone su 'Opti Pobà', poi arrivò lo scivolone sugli "ebreacci" e sulle "donne simili agli uomini"; in mezzo un percorso di riforme, tra cui il rivoluzionario via libera alla Var ma anche la mancata riforma dei campionati (la Serie A a 18 squadre rimarrà un miraggio). I detrattori non sono mai mancati, ma a marzo era arrivata la rielezione che sembrava aver blindato il mandato per il prossimo quadriennio. Ma il mondiale senza l'Italia, il primo dopo 60 anni, ha dato il colpo di grazia alla leadership di Tavecchio in Figc.

Un percorso a ostacoli quello del presidente federale, che aveva raccolto i cocci di una federazione azzerata dopo il flop ai mondiali brasiliani del 2014. Ma dall'11 agosto di quell'anno, giorno della elezione a n.1 federale, si è visto un po' di tutto, in una partita tra situazioni ereditate e problemi insoluti come il fallimento del Parma, le riforme dei campionati, il calcioscommesse.

Molte tempeste erano passate sotto l'ombrello di Euro 2016 con Antonio Conte ct. Contratto innovativo, con diritti di immagine inclusi, intervento dello sponsor: al nuovo ct il compito di ricostruire la squadra, a Tavecchio quello di supportarlo nella battaglia con i club trovando l'equilibrio migliore. Risultato, tra arrabbiature di Conte con la Lega e risultati del campo, l'Italia riparte e si qualifica in anticipo agli Europei. Torneo continentale in cui quell'Italia da lavori in corso era riuscita a eliminare la Spagna e finire la corsa ai quarti, ma ai rigori davanti alla grande Germania.

La Figc di Tavecchio esce rafforzata dall'Europeo e lavora ai cambiamenti normativi: vara il tetto alle rose con indicazioni precise sul numero di italiani e provenienti dal vivaio. E' il primo passo delle riforme, che prosegue con le norme sul fair play finanziario e il lancio dei centri federali; ma al centro c'è la madre di tutte le riforme, la riduzione della serie A a 18 squadre, lanciata e però subito incagliata nelle secche della Lega.

Ma i guai sono sempre dietro l'angolo e spesso arrivano dall'interno: di Felice Belloli, successore di Tavecchio alla guida dei Dilettanti, nel verbale di una riunione del direttivo definisce "4 lesbiche" le calciatrici. Nuova bufera, e Tavecchio, ancora sotto pressione, ne esce spingendo Belloli a lasciare. Rieletto il 6 marzo scorso dopo aver battuto lo sfidante Andrea Abodi, Tavecchio sperava di essersi messo alle spalle i guai peggiori. Ma restavano quelli delle Leghe: commissario di quella di A ha cercato di superare anche gli ultimi ostacoli. Ma il peggio doveva ancora arrivare: per scongiurarlo aveva definito una "apocalisse" l'eventuale non partecipazione dell'Italia ai mondiali. L'incubo è diventato realtà.

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