E' uscito a meno di tre minuti dal termine, quando ormai il 4-0 Warriors era realtà. Manu Ginobili ha prima ricevuto l'ovazione dell'AT&T Center, poi l'abbraccio dei compagni, il saluto di Popovich, l'abbraccio degli avversari, su tutti di Steph Curry. Coach Pop si è girato verso la panchina e gli ha intimati: "Rientra!". Ma Manu ha detto: "No, no, ho finito". E giù risate, nonostante la sconfitta. E' stata l'ultima partita di Ginobili?
È stato un finale di stagione malinconico per gli Spurs, che hanno perso Leonard in gara-1 e sono poi naufragati, ma con grande dignità. L'anno scorso il saluto a Duncan, ora quello possibile a Ginobili (con Parker out per mesi): sta finendo un'era, a San Antonio. Ed è stato lo stesso argentino, 40 anni il 28 luglio e agli Spurs dal 2002 (con quattro anelli), a spiegare che forse è stata la sua ultima partita, ma forse no: "Mi sento ancora in grado di giocare, ma non deciderò in base a questo. Devo capire come mi sento: ovviamente mi sto avvicinando al ritiro, è sempre più dura giocare per me. Ma ora mi prendo 3-4 settimane, parlerò con mia moglie e deciderò".
Cosa c'è, dunque, tra la scelta di continuare o di ritirarsi? La famiglia, semplice: "Devo scegliere tra due opzioni bellissime: continuare a giocare nella Nba alla mia età e quindi godermi ogni momento dello sport che amo, oppure stare a casa, fare il padre, godermi la famiglia. Qualsiasi cosa io decida, sono opzioni meravigliose. Non sono triste, in ogni caso sarà bello".
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