Applausi per Mick, ma per diventare come Schumi...

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Bravo Mick. Ma attenzione a sbilanciarsi in paragoni con l'illustre padre con il quale per ora condivide solo il cognome. Per il resto siamo alle prese con carriere agli antipodi. Michael aveva iniziato a correre da bimbo perché papa Rolf gestiva la pista di go kart di Kerpen. Insomma Michael girava in tondo nel dopo scuola mentre i suoi coetanei giocavano con Lego e soldatini. Un abitudine che si è trasformata in spiccata attitudine nel corso degli anni. Ma la famiglia Schumacher, quella di Kerpen, non aveva abbastanza soldi per sostenere la carriera del pargolo. Tant'è che Michael, dopo le gare nazionali, andava a raccattare catene e gomme che i suoi avversari più ricchi buttavano.

Per Schumi era un tesoretto da utilizzare nella corsa successiva. Fame e talento gli avevano permesso di andare avanti nonostante tutto. Abnegazione e sacrificio del pilota e l'intuito di Willy Weber, il suo futuro manager, hanno poi contribuito alla definitiva consacrazione di un dei più grandi campioni della storia. Anche per Mick, per certi versi, il percorso è stato complicato. Da una parte l'ingombrante termine di paragone con un monumento come suo padre, dall'altra l'essere considerato dall'ambiente un raccomandato speciale. A suo favore tuttavia ha giocato l'enorme disponibilità economica che a suo padre era invece mancata. Quindi la possibilità di correre con i mezzi migliori nelle squadre migliori fin dalle prime gare sui go kart.

La forza di Mick è stata quella di aver compiuto il un progressivo salto di qualità dopo la drammatica caduta di Michael nel dicembre del 2013. Una svolta che ha costretto un ragazzo di 14 anni ad attrezzarsi in fretta per affrontare la carriera di pilota senza avere più il papà al suo fianco. Il primo traguardo Mick lo ha raggiunto. Ora arriva la parte più complicata del percorso, quella dove i confronti si faranno di continuo, gara dopo gara, come se si trattasse di una cartina tornasole tra il cammino di una leggenda e quello del figlio.

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